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Ascoltati perché rappresentativi

Dopo oltre sette anni, è stato riattivato il Consiglio sindacale interregionale, un organo importante che si occupa dei temi transfrontalieri. Più forze schierate insieme significa una voce più forte. Ci sono tutti i presupposti per fare bene, sempre che i calcoli elettorali non abbiano il sopravvento sui lavoratori.


Il 24 gennaio scorso c’è stata la tanto attesa decisione della Consulta sulla regolarità o meno della Legge elettorale denominata Italicum ed è stato varato un nuovo Governo. Questa situazione, al di là di aver fatto felici alcuni e scontentato altri, ha ricreato «stabilità» e soprattutto governabilità, scongiurando nel contempo elezioni anticipate. Per i lavoratori frontalieri credo che debba essere considerata una buona notizia perché permetterà di continuare la discussione e il confronto tra le autorità italiane e svizzere con gli stessi uomini e con lo stesso indirizzo che aveva caratterizzato i loro predecessori. Inoltre se non ci saranno ulteriori scossoni, il governo Gentiloni rimarrà in carica sino alla fine della legislatura, cioè il 2018. I due schieramenti avranno ancora del tempo per cercare delle soluzioni ai tanti problemi in discussione: da quelli fiscali a quelli dei trasporti a quelli di dum-
ping, o almeno arrivarci il più vicino possibile.


Una squadra vincente

Dal mio punto di vista, quello che è successo è una sorpresa positiva. Dalla mia postazione «privilegiata», come la definisco sempre io, ho rivisto molto entusiasmo da parte di tutti. Un’altra notizia importante è che dopo diversi anni, circa sette, è stato riattivato e «ricostituito» il Csir, cioè il Consiglio sindacale interregionale delle regioni Lombardia, Piemonte e Canton Ticino (vedi articolo sullo scorso numero del giornale). Quest’ultimo è l’organismo transnazionale che si occupa dei temi del frontalieriato cui fanno parte i sindacati confederali italiani di Lombardia, Piemonte e i sindacati ticinesi. Come presidente è stato scelto Alessandro Tarpini, responsabile nazionale dei frontalieri della Cgil. Ne fanno parte anche Sergio Aureli (vicepresidente e responsabile per i frontalieri dell’USS), Pancrazio Raimondo (Segretario nazionale Uil Frontalieri), Luca Caretti (Segretario generale Cisl Piemonte) e Andrea Puglia (sindacato Ocst). Questo avvenimento è positivo soprattutto perché, come i lavoratori sanno bene, l’unione fa la forza: più esiste coesione e unità di intenti tra le parti che difendono gli interessi dei lavoratori, più le loro parole sono tenute in considerazione nella contrattazione: «ascoltati» perché rappresentativi.


Verso soluzioni condivisibili

Rispetto a diversi anni fa ci sono effettivamente tutti i presupposti per far bene: abbiamo le idee ben chiare su che cosa vogliamo e cosa non vogliamo, in definitiva abbiamo la squadra, i suoi dirigenti, abbiamo definito i ruoli dei nostri giocatori e quale strategia adottare. Ora tutte le parti in causa non hanno più alibi, l’unico nemico è il tempo e la mancanza di volontà da parte di tutti di arrivare a delle soluzioni condivisibili. Dal mio punto di vista è meglio decidere, anche se poi la soluzione scelta non è perfetta; in seguito potrà essere comunque rivista e corretta; c’è una soluzione, quindi una certezza. Spero unicamente che l’interesse politico non entri nuovamente in gioco. Più si dilatano gli appuntamenti, e di conseguenza si allontanano le decisioni, più ci si avvicina alle prossime elezioni, dove chi ha solamente l’interesse «per il voto» farà in modo da far pesare il fatto che si è, o non si è arrivati a certi obiettivi, e se è successo qualcosa di positivo «lo si deve al proprio impegno». È un gioco rischioso sia da parte dei sindacati sia da parte dei politici, perché è fatto sulle spalle dei lavoratori che per l’ennesima volta sarebbero considerati «un mezzo per raggiungere i propri obiettivi, non un obiettivo da raggiungere».


Ferdinando D’Agostino è responsabile Ufficio Patronato Ital Uil di Mendrisio. frontalieri[at]bluewin.ch

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