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Il malessere dei postini europei

L’inchiesta pubblicata da una rivista inglese descrive un quadro preoccupante delle conseguenze negative sui lavoratori della concorrenza esistente nel mercato postale di alcuni paesi dell’Unione europea.

Bretagna, marzo 2012. Due impiegati della Posta francese si sono appena suicidati. Le testimonianze raccolte non lasciano alcun dubbio: questa duplice tragedia non è una coincidenza. Erano mesi che i poveretti si lamentavano delle loro condizioni di lavoro: stress, straordinari, precarietà. E la sensazione diffusa di una mancanza di riconoscimento per il loro lavoro.


Nell’Unione europea questo malessere è ben lungi dal riguardare «soltanto» i lavoratori della Posta francese. Un’inchiesta pubblicata sulla London Review of Books e ripresa dal Courrier international (*) dà i brividi. Mentre la Posta inglese si prepara alla privatizzazione, l’autore si è recato nei Paesi Bassi, pionieri in materia di liberalizzazione dello smistamento e della distribuzione della posta. Breve riassunto.


James Meek, l’autore, ha seguito la giornata-tipo di una dipendente olandese di due imprese private incaricata di smistare e poi distribuire a domicilio lettere, riviste e cataloghi. Sopraffatta dalla mancanza di sostegno e dall’assenza di mezzi, questa postina vede ammucchiarsi nel suo appartamento più di sessanta casse piene di posta arretrata. La scena descritta lascia esterrefatti: «Ho osservato la nostra postina smistare la posta nella sua cucina. La divideva in mucchi su ciascuno dei due scolapiatti in acciaio del suo lavello, che aveva accuratamente asciugato dopo aver lavato i piatti della sera. C’erano soprattutto cataloghi Ikea, la cui copertina mostrava un insieme di mobili in legno chiaro, allegro, con un’illuminazione raffinata. Il catalogo Ikea non prevede nessuno spazio adatto allo smistamento della posta».


Humour britannico…
Nei Paesi Bassi gli operatori privati sono impegnati in una guerra di tutti contro tutti. Secondo l’autore, questa guerra si gioca sulla pelle dei dipendenti sempre più precarizzati, come la postina della quale prosegue il ritratto: «Valuta il suo tempo di lavoro una trentina di ore alla settimana per le due società e guadagna circa 5 euro l’ora, mentre il salario minimo nei Paesi Bassi varia tra gli 8 e i 9 euro l’ora. Non ha un contratto. Non ha diritto all’assenza pagata in caso di malattia, non versa contributi né per la pensione né per l’assicurazione malattia. Una delle due società le concede vacanze pagate ma con il contagocce (…), le ha fornito una giacca e una felpa ma niente scarpe da lavoro; deve pagare di tasca sua la manutenzione della bicicletta. (…) Le imprese postali private fanno in modo tale che il contenuto della sacca postale dei postini non permetta mai loro un guadagno superiore ai 580 euro al mese, soglia al di sopra della quale avrebbero l’obbligo di assumerli a tempo indeterminato».


L’atto d’accusa contro le conseguenze sui lavoratori della liberalizzazione del mercato postale nei Paesi Bassi è un lavoro eseguito su mandato. Va pertanto preso con le molle. Volerlo applicare ad altri paesi sarebbe azzardato. Ma una frase del suo autore non lascia indifferenti: «Il mercato postale è stato liberalizzato in nome del consumatore, nome con cui ora sono chiamati i cittadini dell’Europa» afferma James Meek. E purtroppo talvolta sulla pelle degli impiegati postali, sottoposti a una pressione sempre maggiore. A rischio di lasciarci la vita.


Mohamed Hamdaoui

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