Diritti e doveri ai tempi dell’home office
In tempi di pandemia servono misure speciali e creatività. Anche nell’organizzazione del lavoro. Ora l’home office sta prendendo sempre più piede. Quali sono le basi previste dal diritto del lavoro per l’home office e di cosa si dovrebbe tener conto? Abbiamo messo insieme per voi alcuni punti al riguardo. Qualora doveste essere esposti a un elevato rischio per la vostra salute e il vostro datore di lavoro dovesse rifiutarvi di svolgere il lavoro da casa, siete pregati di rivolgervi direttamente a noi.

In tempi di pandemia il Consiglio federale e l’UFSP raccomandano urgentemente di introdurre l’home office laddove possibile dal punto di vista tecnico e organizzativo. Questo per due motivi:
- In questo modo è possibile evitare il pendolarismo e l’utilizzo dei trasporti pubblici (TP). In particolare l’utilizzo dei TP rappresenta un grande rischio di contagio e di un’ulteriore diffusione dell’epidemia.
- Sul posto di lavoro è presente un numero inferiore di persone e questo consente di ridurre al minimo i contatti personali e i rischi di contagio sul posto di lavoro. È consentito radunarsi in uffici di grandi dimensioni.
La legge sulle epidemie (LEp) obbliga le aziende, in caso di una situazione particolare o eccezionale, a contribuire attivamente al contenimento dell’epidemia. Queste misure vanno oltre gli obblighi, già previsti dalla legge sul lavoro e dal Codice delle obbligazioni, volti alla tutela dalla salute dei lavoratori. I datori di lavoro devono diffondere e applicare le misure raccomandate e imposte dalle autorità sanitarie e informare i lavoratori, guidarli e monitorarli nell’ambito aziendale. Vi rientra anche l’home office: ovunque possibile il datore di lavoro è tenuto a introdurre l’home office. Per le persone particolarmente a rischio l’home office è stato dichiarato obbligatorio a partire dal 16 marzo (nel frattempo l’ordinanza è stata nuovamente rivista)– qualora non fosse possibile perché il lavoro non può essere eseguito da casa (edilizia, commercio al dettaglio, ecc.) deve essere corrisposto l’intero salario.
In caso di home office la legge sul lavoro, che regola la protezione della salute sul posto di lavoro, si applica anche alla postazione di lavoro a casa. Per tutte le questioni relative alla protezione della salute e alla conseguente organizzazione del lavoro, i lavoratori hanno un diritto di partecipazione previsto dalla legge, devono pertanto essere ascoltati e possono sottoporre delle proposte. Questi diritti di partecipazione spettano ai lavoratori e, se del caso, alla rappresentanza aziendale del personale. Proprio nell’attuale crisi da coronavirus, questi diritti di partecipazione attribuiscono un significato importante ai lavoratori. I datori di lavoro devono parlare con i lavoratori e con la rappresentanza del personale di tutte le misure relative alla gestione aziendale dell’epidemia. Questo non è solo sensato in termini di miglioramento e accettazione delle misure, si tratta piuttosto anche di un obbligo giuridico. I lavoratori e la rappresentanza del personale possono inoltre farsi consigliare in merito anche da syndicom.
A questo proposito i sindacati hanno un diritto di informazione nella gestione, anche se si tratta dell’allestimento, dell’organizzazione o della regolamentazione dell’home office.
È opportuno fare una distinzione con i casi in cui le persone sono in «quarantena», ovvero non possono uscire di casa o accedere al loro posto di lavoro, e pertanto lavorano in home office.
Queste persone non devono per definizione essere malate. Se i lavoratori sono malati, ovvero presentano sintomi di coronavirus, ma non richiedono un ricovero in ospedale perché i sintomi non sono così gravi, potrebbero essere tuttavia nella maggior parte dei casi interamente inabili al lavoro e non sono tenuti a lavorare. In questo caso il datore di lavoro deve corrispondere lo stipendio o l’indennità di malattia.
I datori di lavoro impongono a molti lavoratori di lavorare da casa perché sono stati in contatto con una persona probabilmente più vulnerabile. Spesso questo avviene di comune accordo con i lavoratori interessati. In questi casi si tratta, giuridicamente parlando, non di una quarantena, bensì di una misura preventiva del datore di lavoro che introduce l’home office in modo unilaterale o previa consultazione con i lavoratori, ovvero cambia la sede di lavoro prevista dal contratto (il cosiddetto «autoisolamento»).
Se invece i lavoratori si trovano in quarantena secondo quanto previsto dalla legge, si parla di vera quarantena. In tal caso i lavoratori possono svolgere il lavoro in home office qualora non sussistano motivi medici che lo impediscano e a condizione che dispongano dei mezzi per eseguire il lavoro in condizioni accettabili (postazione di lavoro corrispondente alle norme in materia di protezione del lavoro; connessione e infrastruttura informatica; nessun ostacolo alla vita familiare, ecc.). Il datore di lavoro può pertanto esigere dai lavoratori che lavorino da casa anche se nel contratto di lavoro individuale non c’è nessuna clausola o accordo precedente. In questo caso i lavoratori hanno diritto al loro salario abituale in quanto forniscono una prestazione lavorativa. Possono pertanto continuare a lavorare in home office sebbene si trovino in quarantena.
All’home office si applica interamente la legislazione sul lavoro pubblica e privata.
Il luogo di lavoro è parte integrante del contratto di lavoro, motivo per cui l’home office deve normalmente essere previsto sin dall’inizio nel contratto oppure può essere disposto dal datore di lavoro in accordo con i lavoratori. Nel contratto di lavoro è possibile prevedere anche una clausola di mobilità, in base alla quale il datore di lavoro può disporre all’occorrenza l’home office.
Il Consiglio federale ha inizialmente dichiarato l’home office addirittura obbligatorio per i lavoratori particolarmente a rischio. Il datore di lavoro può concedere il congedo alle persone particolarmente a rischio qualora il lavoro non possa essere svolto da casa. Il datore di lavoro deve continuare a corrispondere interamente lo stipendio.
Le persone particolarmente a rischio devono attenersi a questa disposizione vincolante, come pure il datore di lavoro.
Particolarmente a rischio sono i lavoratori che:
- hanno più di 65 anni
oppure in particolare le persone che sono affette da una delle seguenti patologie:
- ipertensione
- diabete
- malattie cardio-vascolari
- patologie croniche delle vie respiratorie
- malattie e terapie che indeboliscono il sistema immunitario
- cancro
Come indica la parola «in particolare», questo elenco non è esaustivo, ma solo esemplificativo. La decisione spetta al personale medico che redige il certificato corrispondente.
Qualora l’home office comporti per i lavoratori interessati dei costi, il datore di lavoro che li impone deve farsene carico.
La legge sul lavoro si applica interamente anche all’home office. Il datore di lavoro non è sollevato dall’obbligo di garantire la salute dei lavoratori e adottare le misure adeguate. Nell’home office viene invece meno la vigilanza diretta del datore di lavoro.
I lavoratori sono tenuti a rispettare le disposizioni del datore di lavoro riguardo alla protezione della salute anche in caso di lavoro in home office e le norme generalmente riconosciute. È chiaro che in tempi di coronavirus e di postazioni di lavoro allestite in fretta e furia, i requisiti relativi alla postazione di lavoro debbano essere adattati secondo il principio della proporzionalità.
Una postazione di lavoro ben attrezzata dispone idealmente di:
- una superficie di lavoro sufficiente (superficie ideale del tavolo: 160 x 80 cm)
- possibilmente una sedia regolabile in altezza: sedia e tavolo dovrebbero poter essere regolati in modo tale che i piedi poggino saldamente sul pavimento e la tastiera possa essere utilizzata con le spalle rilassate
- sufficiente libertà di movimento attorno alla superficie del lavoro
- una buona illuminazione della postazione di lavoro per evitare abbagliamenti diretti o indiretti
- vista verso l’esterno/finestra
- un ambiente idoneo senza pericolo di inciampare o cadere.
In linea di principio il datore di lavoro deve dotare i lavoratori degli strumenti e del materiale necessario a svolgere il loro lavoro. Qualora i lavoratori, in accordo con il datore di lavoro, mettano a disposizione strumenti e materiale propri per lo svolgimento del lavoro, devono essere adeguatamente risarciti. Il Codice delle obbligazioni permette che le parti contrattuali concordino un regolamento diverso.
Le spese devono essere compensate dal datore di lavoro se sono necessarie per svolgere il lavoro. Questo può avvenire solo se i dipendenti devono lavorare in home office perché in azienda manca (in parte) una postazione di lavoro.
Se i lavoratori devono restare a casa, a seguito della chiusura degli asili e delle scuole, per accudire i figli, si pone la domanda se possono esigere dal datore di lavoro di poter svolgere il proprio lavoro da casa. Sotto il profilo dell’obbligo di diligenza del datore di lavoro, la risposta dovrebbe essere affermativa a condizione che questo sia possibile a livello aziendale. Se il datore di lavoro nega l’home office ai lavoratori in una situazione come questa senza sufficienti motivi aziendali, è in mora nell’accettazione del lavoro e ha l’obbligo di continuare a corrispondere il salario anche senza alcuna prestazione lavorativa in cambio.
Il datore di lavoro è ovviamente tenuto a farsi carico dei costi supplementari derivanti dai dipendenti che lavorano da casa. I lavoratori sono dal canto loro tenuti a svolgere quanto meglio possibile il lavoro loro assegnato e a essere a disposizione del datore di lavoro/del team. In questo caso è opportuno che entrambe le parti si dimostrino accomodanti. Gli obiettivi devono essere adattati alla particolare situazione.