Adeguamento salariale in caso di lavoro da casa
Lavoro a tempo pieno nel settore IT. Fino al 2019, il luogo di servizio previsto dal contratto era la sede aziendale di Zurigo. Da quando è iniziata la pandemia, lavoro prevalentemente in home office e devo recarmi a Zurigo solo molto raramente. Per me è un vantaggio poiché, abitando in campagna, mi risparmio tre ore di tragitto al giorno. Quando il telelavoro è stato parzialmente sospeso, ho chiesto di poter continuare a lavorare al 100% in home office per evitare le tre ore di strada ogni giorno. La mia postazione di lavoro presso la sede aziendale è però tuttora a mia disposizione. Ora ho ricevuto un nuovo contratto individuale di lavoro con la mia residenza come luogo di servizio e una notevole riduzione salariale. È giuridicamente lecito?
Sì. Il datore di lavoro può adeguare il contratto di lavoro in caso di mutata situazione aziendale o economica nel rispetto del termine di preavviso previsto dal contratto. Questo cosiddetto termine di preavviso dovuto a modifica del contratto deve essere rispettato per legge. Di comune accordo, le parti contrattuali possono però attuare gli adeguamenti del contratto di lavoro anche immediatamente. Questo ha senso nel caso di miglioramenti del contratto di lavoro. In caso di peggioramenti, invece, il lavoratore può insistere sul rispetto del termine di preavviso. In che misura possa essere ridotto il salario dipende dal regolamento interno del personale oppure da un contratto collettivo di lavoro eventualmente in vigore. In presenza di un regolamento in tal senso, il datore di lavoro potrà effettuare l’adeguamento contrattuale solo entro questi limiti.
Il mio profilo non ha subito cambiamenti. Continuo a svolgere lo stesso lavoro di prima. Il datore di lavoro motiva l’adeguamento salariale sostenendo che in telelavoro ho delle spese di sostentamento più basse, come ad esempio la possibilità di pranzare a casa e il fatto che non mi serve più l’abbonamento generale.
In assenza di un regolamento salariale, l’ammontare del salario è una pura questione di negoziazione. Il datore di lavoro deve però vigilare in azienda affinché al suo interno non vi siano disparità di trattamento tra i collaboratori e che venga rispettata la parità salariale tra uomini e donne. Nel tuo caso, il datore di lavoro fa valere il fatto che in telelavoro hai delle spese di sostentamento più basse rispetto al lavoro a Zurigo. Può avvalersi del salario vigente in loco che, purché motivato a livello oggettivo e obiettivo, è ammissibile giuridicamente.
Però, grazie al mio telelavoro, il datore di lavoro risparmia delle spese per la postazione di lavoro e presso la sede aziendale. Io invece ho delle uscite più elevate, come ad esempio il consumo di corrente e le spese telefoniche. E ciononostante ho subito una decurtazione salariale.
Tu continui a lavorare volontariamente al 100% in home office. Il datore di lavoro ti continua a mettere a disposizione una postazione di lavoro presso la sede aziendale. Per questo motivo, non è tenuto a pagarti le spese extra. Sono escluse però le spese e le uscite che devi sostenere per svolgere il tuo lavoro. Il datore di lavoro ti deve ad esempio mettere a disposizione l’infrastruttura tecnica e ti deve pagare, ad esempio, le spese per le cartucce della stampante.
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