Quando i GAFAM pagheranno il conto
Il 20 giugno scorso, il Consiglio federale ha proposto la modifica della legge sul diritto d’autore. Il progetto prevede che i giganti del digitale versino finalmente una remunerazione ai media e ai giornalisti per la ripresa dei loro contenuti. Ecco qual è la posta in palio.
Testo: Gilles Labarthe, testo pubblicato su Le Courrier l’8 luglio 2025 (leggermente abbreviato)
Tassare i GAFAM, ovvero le multinazionali dei servizi e dell’informazione online (Google, Apple, Facebook, Amazon, Microsoft) e i principali social media che copiano e ripubblicano gratuitamente contenuti redazionali prodotti altrove, senza versare un centesimo in diritti d’autore … L’idea è sostenuta da anni dai professionisti dei media.
In Svizzera, un recente progetto di legge elaborato dopo la consultazione delle organizzazioni del settore dei media – inclusi i sindacati syndicom, impressum, SSM, l’Unione sindacale svizzera, le associazioni degli editori e altre parti interessate – traccia finalmente le linee guida di quello che potrebbe fare leva dal 2026 in materia di remunerazioni, verosimilmente per un importo di oltre 100 milioni di franchi.

Questa la spiegazione dei principali progressi da parte di Stephanie Vonarburg, vicepresidente di syndicom e responsabile del settore Media. Avverte subito: «Bisognerà continuare a battersi su tutti i fronti», diffidare dell’effetto «sostituto», come teme anche l’associazione Médias d’Avenir. Ed evitare che gli ambienti politici trovino qui un pretesto per fare dietro front sul dossier dell’aiuto ai media.
A che punto siamo oggi con questo progetto di legge?
Stéphanie Vonarburg: il Consiglio federale l’ha inoltrato al Parlamento in un rapporto, che è stato redatto dopo una serie di studi di esperti e una consultazione e alla quale ha partecipato anche syndicom. Contiene le sue proposte di modifica della legge sul diritto d’autore, che richiede un nuovo diritto in materia. Questo rapporto è piuttosto corposo e da quello che ho visto, va proprio nella direzione giusta – a condizione che i punti chiave vengano mantenuti.
Bisognerà evidentemente rimanere molto attenti al passaggio davanti alle commissioni e, in questo caso, le due commissioni della Scienza, dell’educazione e della cultura del Consiglio nazionale e del Consiglio degli Stati. Così come al processo parlamentare che seguirà, dove l’accettazione di questo progetto di legge non è scontata.
Poi all’attuazione effettiva della legge, e al rischio di referendum. Comunque, le consultazioni sono state complessivamente favorevoli al progetto.
Quali sono secondo lei i punti salienti?
Che i cosiddetti snippet, ovvero le notizie brevi, o estratti di articoli, brevi sequenze giornalistiche o vignette di immagini, siano protetti dalla legge svizzera mediante una remunerazione. Finora non è ancora il caso.
Con questa proposta di legge, la loro pubblicazione farebbe scattare un diritto a una remunerazione. Era molto importante per noi che questa remunerazione non andasse direttamente ai media, bensì che passasse attraverso una società di gestione dei diritti d’autore, concretamente ProLitteris, che negozia prima le tariffe con le grandi piattaforme (quelle che hanno come utenti più del 10% della popolazione svizzera, come criterio scelto, ndr). Trovo che ciò sia stato fatto in modo pertinente nel quadro di questo progetto.
Come funzionerà una volta che il progetto di legge sarà finalmente votato?
Il meccanismo è collettivo, paritetico. Designa la società di gestione dei diritti d’autore, in questo caso ProLitteris, di cui fanno parte gli autori e le imprese dei media come produttori. Si tratta di un’assicurazione che queste remunerazioni non vadano in altre tasche. Abbiamo sempre difeso anche altri principi importanti, come la ripartizione equa di questi introiti per i giornalisti e fotografi detentori dei diritti d’autore da un lato, e per i media dall’altro: abbiamo sempre rivendicato una proporzione di 50/50. Questo è ora precisato nel rapporto. Durante il passaggio davanti al Parlamento occorrerà quindi conservare questa disposizione.
Altri principi difesi da syndicom?
Che la ridistribuzione delle remunerazioni tra le case editrici non sia definita dal numero di clic, o dalla performance dei contributi su Internet, che può essere amplificata dagli algoritmi, al fine di evitare che i grossi editori si accaparrino la maggior parte dei ricavi. La ridistribuzione prevista è degressiva, non cifrata. Tiene conto anche di criteri qualitativi, il che è importante per le case più piccole, in particolare quelle che non fanno parte delle associazioni Schweizer Medien e Médias Suisses. E per quelle che sono organizzate diversamente, come tramite l’associazione Médias d’Avenir, che fin dall’inizio era poco favorevole al progetto di legge. La sua preoccupazione era che la maggior parte delle remunerazioni andasse a beneficio solo dei grandi editori e dei gruppi di stampa, con il rischio di aumentare ulteriormente i divari, ma anche di distogliere l’attenzione dai cambiamenti necessari a livello federale in materia di politica dei media.
La ripartizione così come prevista dal progetto può quindi essere interessante per una testata giornalistica come Le Courrier?
Assolutamente sì. Tanto più che i criteri non si basano sulla visibilità o sul numero di richieste per gli articoli pubblicati da questo o quel titolo sui motori di ricerca, per esempio, o sugli articoli online che generano un traffico importante sulle grandi piattaforme. Bisogna sapere che nell’ottimizzazione della visibilità degli articoli online, per i motori di ricerca, ecc. gli algoritmi tengono conto dei mezzi investiti dai grandi editori. Questi mezzi sono però molto più limitati per le piccole testate e i media cosiddetti alternativi, come Le Courrier per esempio. Si tratta quindi di non penalizzarli. Né tutte le altre testate che producono giornalismo contribuendo all’informazione pubblica sulla politica, l’economia, la cronaca locale, la cultura.
In sostanza, questo progetto di legge deve contribuire alla produzione del giornalismo d’interesse pubblico. Questa ripartizione è equa e necessaria, nel senso che va anche a vantaggio dei giornalisti freelance.
Molti editori fanno firmare ai giornalisti contratti che implicano la cessione di tutti i loro diritti d’autore …
Succede in Svizzera tedesca, ed è un problema enorme. La prospettiva di includere i diritti dei giornalisti salariati e dei freelance, stipulando che i media non possono liberarsene tramite clausole di contratto speciali, ha in un primo momento incontrato una certa resistenza da parte degli editori.
Poi si sono ricreduti, stimando che un progetto di legge che includesse le rivendicazioni delle organizzazioni professionali – che difendono appunto questa prospettiva – avesse più possibilità di essere approvato. Si tratta di un altro progresso importante.
Quali sono stati gli altri argomenti discordanti?
Rimaneva da mettersi d’accordo sull’entità della ridistribuzione dei diritti e la sua forma giuridica. Certi media vi si erano opposti, con divergenze probabilmente più profonde sulla fondatezza di questo nuovo diritto, che riguarda tra gli altri Google, che ha anche una sede in Svizzera. I responsabili di Google si sono già fatti sentire a questo proposito, sostenendo che erano contrari a questo progetto, e contro il rapporto del Consiglio federale. Ovviamente, Google fa anche lobbying a Berna, al Parlamento. Bisognerà davvero vegliare affinché questo progetto e i suoi punti importanti non siano modificati o svuotati del loro contenuto.
Il bilancio globale di questo progetto di legge è quindi piuttosto positivo?
Sì, ma … finora siamo stati molto prudenti e critici su questo dossier. Volevamo essere sicuri che questi punti cruciali rimanessero fino alla fine delle consultazioni, e nel progetto del Consiglio federale.
Di fronte al lobbying degli editori, la nostra fiducia non era molto grande. Questo progetto di legge avrebbe dovuto esistere da molto tempo, tutti i ricavi persi finora non saranno recuperati. La legge non sarà applicata in modo retroattivo. C’è un altro punto che non figura in questo progetto, ma includerlo avrebbe ritardato tutto il processo: la regolamentazione dell’intelligenza artificiale.