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59 bloc notes per ricordare i 59 giornalisti uccisi nel 2022

59 bloc notes, simboli degli strumenti di lavoro dei giornalisti, sono apparsi oggi alle 13 in piazza Dante a Lugano, per ricordare la Giornata mondiale della libertà di stampa.

Con questa azione simbolica, Amnesty International Svizzera, Fondazione Diritti Umani Lugano, Reporter sans Frontières e syndicom, il sindacato dei media e della comunicazione, denunciano le violenze nei confronti dei giornalisti, le crescenti difficoltà del settore dei media e i rischi per le democrazie.

Quasi metà delle 59 uccisioni del 2022 si è verificata in soli tre Paesi: Ucraina (8), Messico (11) e Haiti (6). In particolare, il Messico (con 127 giornalisti uccisi dal 2000) è uno dei paesi con il più alto numero di omicidi al mondo, insieme a Russia, Siria, Filippine, Iraq, Colombia, Brasile, Algeria e Somalia.

In questa Giornata il pensiero è rivolto anche a tutti i giornalisti uccisi e a quelli che ancora si trovano nelle carceri in Turchia, in Egitto, in Iran, in Africa e in tutti i luoghi del mondo dove la libertà di espressione non è garantita. Sempre secondo Reporter sans frontières, che il 3 maggio pubblica anche l’annuale classifica della libertà di stampa nel mondo, attualmente sono 570 i giornalisti incarcerati (548 giornalisti e 22 collaboratori).

Il diritto alla libertà di espressione è sancito dall'articolo 19 della Dichiarazione Universale dei Diritti Umani del 1948. Una stampa libera che parli delle problematiche che riguardano la cittadinanza e ne influenzano la vita quotidiana è un elemento fondamentale di qualsiasi società rispettosa dei diritti.

Gli Stati hanno il dovere di proteggere i giornalisti e di non perseguirli nel tentativo di controllare il libero flusso di informazioni. Denunciando le violazioni dei diritti umani e dando voce alle parti emarginate della comunità, i media possono incoraggiare la corretta applicazione della giustizia e stimolare dibattiti nella società che possono disinnescare situazioni che altrimenti potrebbero sfociare in un conflitto. Di fronte a restrizioni ingiuste e alla minaccia di attacchi, l'autocensura dei media può avere l'effetto opposto, favorendo l'insabbiamento degli abusi e alimentando la frustrazione delle comunità emarginate.

Libertà di stampa in Svizzera

Dopo aver perso diverse posizioni negli ultimi anni (nel 2022 era scivolata dal 10° al 14° posto nella classifica mondiale della libertà di stampa stilata da Reporters Sans Frontières), la Svizzera risale quest’anno al 12° posto. Questa leggera progressione non deve ingannare: la situazione economica del settore è ancora fragile, dopo il No al referendum del 2022 per le misure a sostegno dei media. E la legislazione recente ostacola il lavoro d’inchiesta dei giornalisti. Le cosiddette misure super provvisionali facilitano gli indagati a impedire la pubblicazione di articoli che li riguardano. Inoltre, l’articolo 47 della legge sulle banche persegue i giornalisti che utilizzano fughe di dati degli istituti finanziari per le loro inchieste. Per questo, come rileva la classifica annuale di Reporters Sans Frontières, la Svizzera è ancora scesa dal punto di vista del quadro legislativo dell’esercizio della professione, dal 29° al 37° posto.

 

Dallo studio “Qualità dei media 2022”, condotto dall’Università di Zurigo è emerso che i giornalisti e le giornaliste hanno subito numerose pressioni esterne. Quasi la metà degli intervistati ha anche dichiarato di essere stato oggetto di discorso d’odio via mail o social network, un dato che concorre insieme agli altri a peggiorare il clima di lavoro per i professionisti dei media. Il mestiere di giornalista, pur esercitando ancora un grande fascino, sembra aver perso il riconoscimento del ruolo importante che gioca per la democrazia, per la pluralità dell’informazione, per la lotta alle fake news e per la formazione delle opinioni nella cittadinanza. 

I giornalisti necessitano di buone condizioni di lavoro per poter svolgere al meglio il loro lavoro nell’interesse della nostra democrazia. Ma, al contrario, in Svizzera italiana e nella Svizzera tedesca manca un contratto collettivo di lavoro da oltre 15 anni. I salari sono troppo bassi e la professione è sempre meno attrattiva.

Ne parla la trasmissione radiofonica RSI "Millevoci" con Isabella Visetti, ospiti i giornalisti Anna Bernasconi e Federico Franchini, la responsabile comunicazione Amnesty International Svizzera Sarah Rusconi e Bertil Cottier, presidente del comitato di RSF Suisse.

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