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Chiusura del domenicale «il Caffè»

L’informazione in Ticino diventa sempre più ridimensionata e standardizzata, secondo canoni che non appartengono alle logiche giornalistiche

© il caffè

Il Caffè è uno dei pochi media che, in questi anni, ha cercato di offrire un giornalismo critico e indipendente. Lo ha fatto anche grazie ai preziosi contributi dei giornalisti freelance che, a seguito della chiusura di una delle ultime redazioni libere e indipendenti, faticheranno non poco a trovare editori interessati e disponibili a pubblicare i loro “scomodi” contributi giornalistici.  

Con la sua chiusura, il gruppo Corriere del Ticino, nonostante la promessa di mantenerne l’indipendenza fatta al momento della sua acquisizione, coglie dunque l’occasione per dare il definitivo colpo di grazia alla pluralità d’informazione ticinese.      

La sostituzione di un giornale indipendente con un nuovo prodotto, gestito anch’esso dal direttore del CdT, ne determinerà presumibilmente la standardizzazione e l’uniformazione agli altri media del gruppo in base principalmente agli interessi dell'editore e non certamente a quelli di un'informazione indipendente. In questo modo il gruppo CdT dimostra che la sua principale ambizione non è quella di offrire un’informazione libera e di pubblico interesse, bensì quella di controllare la maggior parte dei media ticinesi e di gestirne il controllo sia contenutistico che pubblicitario.  

A conferma di ciò, ricordiamo che nel dicembre 2018, dopo il controverso licenziamento del giornalista che aveva “arbitrariamente” pubblicato una filastrocca su una testata di cui era redattore responsabile, il direttore operativo del gruppo CdT aveva testualmente affermato che tutto ciò che viene pubblicato sui media del gruppo CdT dev’essere soggetto a un minuzioso controllo preventivo.      

Un problema preoccupante e molto serio che viene però completamente ignorato dalla nostra classe politica, la quale, sonnolenta, spera che i problemi si risolvano da soli.  

Infatti, ben oltre un anno fa è stato presentato un atto parlamentare con il quale si chiedeva di introdurre una forma di aiuto pubblico a favore dei media locali, nonché una sollecitazione politica ai principali editori per sottoscrivere un contratto collettivo di lavoro che manca da ormai 17 anni.  

Interventi urgenti e necessari, se si vuole ambire ad un’informazione di qualità, se si vuole evitare il bavaglio alla libertà d’informazione e d’espressione ma soprattutto se si vuole evitare di consegnare l’informazione in mano ad un unico gruppo editoriale che mette palesemente in secondo piano l’interesse pubblico.  

Syndicom esprime quindi forte preoccupazione per il futuro dell’informazione in Ticino, sempre più ridimensionata e standardizzata secondo canoni che non appartengono alle logiche giornalistiche bensì a specifici interessi di chi detiene le redini del potere economico.

Vigilerà inoltre che i giornalisti attualmente assunti al Caffè e che i numerosi freelance che collaborano alla testata continuino ad avere le stesse condizioni di lavoro e retribuzione.

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