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Curare i dettagli, in ogni pagina della vita

Si scrive Émile o Emile? Moyen Âge o Moyen Age? La maiuscola, voi la scrivete con o senza accento? Se la questione vi pare innocua, per altri è primordiale. Da decenni il dibattito imperversa nel mondo dell’editoria svizzera. Oggi, per la prima volta nella sua lunga storia, la Guide du typographe, settima edizione, caldeggia la prima opzione. Rivoluzione! Infatti l’opera destinata ai professionisti – di cui la versione precedente ha venduto 10’000 copie in Svizzera e all’estero, senza promozione alcuna – fa da riferimento in questo ambito. Dietro alla bella nuova copertina verde c’è Roger Chatelain, coordinatore della commissione di redazione. Il tipografo in pensione ci riceve nella sua bella casa nel quartiere des Planches, a Mont-sur-Lausanne.

Un amore per le cose ben fatte

Quest’uomo vigile e accogliente, vestito di nero, il viso pulito con occhiali alla moda, trasmette una passione per le cose ben fatte. Una vita passata a riflettere sulla tipografia – oppure l’arte di dare forma al pensiero – lascia profonde tracce.

Roger Chatelain evoca il suo percorso con un bell’accento del Giura. «Alla fine della scuola, mia mamma, vedendo che avevo sempre la testa nella stampa, mi ha suggerito di buttarmi nella tipografia. Mio padre, orologiaio come molti a Courtételle, pensò che fosse una buona idea. E mi disse: «I giornali escono tutti i giorni, non rischierai mai la disoccupazione!».

Il giovane uomo dunque si farà i muscoli componendo linee di piombo alla stamperia del Dé-
mocrate. Allora i tipografi erano una vera corporazione. «Ci dicevano che eravamo gli intellettuali dei manovali, l’aristocrazia della classe operaia. Con una sindacalizzazione molto forte… ci sono stati scioperi importanti».

La forma e la sostanza

Nel 1969, forte di un’esperienza più vasta – soprattutto con le formazioni di linotipista e correttore – egli conduce la sua piccola famiglia a Losanna per andare a insegnare all’Ecole romande de typographie. Col tempo diventerà un vero riferimento nell’ambiente, partecipando alla redazione di numerose pubblicazioni, e ricevendo, nel 1990, un’onorificenza da parte dell’Ordre européen des chevaliers de Gutenberg.

Ma la sua attrazione per la forma si coniuga anche con un amore per la sostanza. La difesa della lingua francese di fronte all’inglesizzazione ad oltranza o al linguaggio sms, lo porta in Québec, in Vallonia, in Val d’Aosta, dove farà amicizia con sostenitori e militanti della lingua di Molière. Una causa che abbraccia un’altra grande passione della sua vita: il Giura! «Per la foto, potrei far finta di lanciare questo, no?» chiede come uno scugnizzo malizioso, sventolando in mano un pavé di carta con i colori del Giura. Gli rispondiamo che l’idea combacia piuttosto male con il concetto della foto sulla pagina. Piccola delusione.

Futura sulla Luna

Ad oggi, Roger Chatelain è sceso a qualche compromesso, infatti può dire «mail» invece che «posta elettronica» senza battere ciglio. Egli si concentra soprattutto sulla tipografia. Conversando con lui, sfogliamo la sua ultima opera, la sesta da quando è in pensione dal 2003, con un’impaginazione molto accurata ma anche molto creativa, ascoltando i suoi aneddoti enciclopedici. «Sapevate che la lastra lasciata sulla Luna nel 1969 dagli astronauti porta il carattere Futura?». È stato emozionante sentirlo ricordare la sua complicità con Adrian Frutiger, re dei tipografi, recentemente scomparso. O ancora raccontare la guerra grafica tra i classicisti della scuola francese e i modernisti tedeschi, svizzeri tedeschi in testa… e comprendere l’importanza che può rivestire la forma per conquistare il mondo: «Se leggo un libro di storia, mi piace un carattere classico, come il Garamond. Per un dizionario invece, o un’opera di consultazione, si addice meglio un carattere lineare come il Frutiger».

Dalla giovinezza di Roger Chatelain, il mondo è cambiato assai. Sono arrivati i computer, modificando radicalmente il modo di produrre e consumare lo scritto. Ma l’uomo non sembra nutrire dei rimpianti eccessivi. «Per tutto ciò che concerne l’illustrazione, le comunicazioni, l’informatica è uno strumento magnifico. Certo, quando vado al Museo dell’inchiostro e del piombo, a Chavannes, guardo sempre con una certa nostalgia le casse e i caratteri di piombo… Quando si stampava a pressione c’era un rilievo che si formava sul retro. Io adoro toccarlo, è una sensazione molto piacevole».

Se a questo si mescola anche la sensualità, si capisce ancora meglio come la tipografia diventa una vera passione, la ricerca di una vita. «Ma sa, quando si guarda un libro, si pensa sempre che c’erano cose, piccoli dettagli, sciocchezze, da poter fare meglio.» La ricerca continua.

*Pubblicato da 24Heures

il 23 novembre 2015.

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