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Deve essere garantito il diritto dei dipendenti alla loro proprietà intellettuale

Risoluzione del settore ICT di syndicom

 

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Una spiacevole tendenza sta facendo scuola anche nel settore ICT. Sempre più datori di lavoro regolamentano, attraverso la stipulazione di contratti di lavoro, i diritti relativi alla proprietà intellettuale (Intellectual Property IP) a sfavore dei dipendenti. I dipendenti devono cedere al datore di lavoro i diritti di IP sulle loro invenzioni e programmi informatici. E questo spesso in maniera più ampia di quanto previsto dalla legge. Poiché in Svizzera al datore di lavoro spettano per legge solo i diritti di IP sulle invenzioni e sui programmi informatici che vengono sviluppati durante il rapporto di lavoro in adempimento degli obblighi contrattuali. Altrettanto regolamentate dalla legge sono le invenzioni occasionali. Con il contratto di lavoro scritto il datore di lavoro può garantirsi un diritto di prelazione su ciò che non viene creato in adempimento degli obblighi contrattuali ma nell’esercizio dell’attività lavorativa.

La legge non regolamenta però i diritti di IP sulle invenzioni e sui programmi informatici che vengono creati prima o durante il rapporto di lavoro al di fuori degli obblighi contrattuali o nel tempo libero. Proprio in questo ambito le aziende obbligano sempre più i dipendenti a cedere loro i propri diritti di IP.

Nel settore IT questo fenomeno è particolarmente diffuso e comporta anche molte conseguenze negative. Chi programma per passione e nel tempo libero si dedica a nuove e utili applicazioni deve aspettarsi che il datore di lavoro gli/le sottrarrà i diritti di IP.

Dover cedere i diritti d’autore sui propri programmi informatici in questa misura è contrario alla cultura del free-software che prevale nel settore IT. Spesso i codici sorgente dei programmatori vengono messi a disposizione pubblicamente online per promuovere in questo modo le innovazioni che vengono messe al servizio della collettività. Una buona parte dell’Internet non esisterebbe se numerosi programmatori non avessero pubblicato le loro conoscenze e il loro lavoro. Questa libertà verrebbe meno se i diritti d’autore dovessero essere ceduti al datore di lavoro.

Lo stesso vale per i brevetti. Gli algoritmi sono ad esempio delle invenzioni brevettate. I brevetti possono però ostacolare l’innovazione. In realtà i brevetti sarebbero uno strumento idoneo che crea un equilibrio tra beneficio privato e beneficio per la collettività. I brevetti possono da un lato ricompensare gli inventori e, dall’altro, promuovere l’innovazione rendendo pubbliche informazioni dettagliate sull’invenzione in cambio della protezione dei diritti d’utilizzo dell’invenzione. Un sistema che dovrebbe in realtà servire a diffondere le conoscenze ha purtroppo spostato il meccanismo effettivo e serve ormai in particolare al beneficio privato di pochi.

Noi pertanto ribadiamo

  • Se le invenzioni e i programmi informatici vengono sviluppati prima che si sia instaurato un rapporto di lavoro oppure, una volta iniziata l’attività lavorativa, durante il tempo libero, i diritti di proprietà intellettuale devono spettare agli inventori e ai programmatori.
     
  • I programmatori devono poter decidere liberamente a chi e a quali condizioni mettere a disposizione i codici sorgente. Questo serve anche alla promozione dell’innovazione e infine alla collettività.
     
  • Gli accordi tra i lavoratori e le aziende devono inoltre essere chiari e comprensibili. I regolamenti non chiari devono essere interpretati a favore dei dipendenti. In particolare non deve essere ostacolato il progresso economico degli stessi.
     
  • Se le innovazioni vengono prodotte collettivamente, i vantaggi devono essere ripartiti collettivamente.            

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