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«È un privilegio poter fare della propria passione un lavoro»

A fine febbraio Alain Carrupt ha abbandonato il suo incarico di presidente di syndicom. È stato impegnato nei sindacati per oltre 30 anni, prima come volontario e dal 1994 come professionista. Ora si sta lentamente ritirando: ha ridotto le sue ore lavorative per motivi di salute e ha assunto altre mansioni. Nell' intervista, parla della sua "natura" sindicale, dei sui ricordi, della divisione delle PTT e del futuro di syndicom.


«I miei genitori, oggi pensionati, erano buralisti postali», ricorda Alain Carrupt. «Anche mio fratello ha lavorato alle Poste. Il sindacalismo è sempre stato una solida tradizione nella nostra famiglia. Mio padre ha presieduto una sezione del Sindacato dei buralisti postali (SBP) e mio fratello una sezione dei funzionari postali (SSFP). Quando hanno saputo che sarei andato a lavorare alla Direzione delle Telecomunicazioni di Sion, i due mi hanno parlato molto chiaro. E io ho capito bene il loro messaggio, tant’è che mi sono iscritto subito all’Associazione svizzera dei funzionari dei telefoni e dei telegrafi (ASFTT)».

Bruno Schmucki: Hai lavorato per le PTT per 17 anni. Più tardi hai vissuto dal vivo e accompagnato da vicino la suddivisione in Swisscom e Posta da sindacalista. Come è stato per te gestire questo fatto? Quali sono stati i momenti culminanti in questo processo?
Alian Carrupt: All’epoca era difficile prevedere le conseguenze di questa evoluzione. Mi ricordo gli intensi dibattiti in seno all’Unione PTT sulla questione dell’indizione del referendum contro le leggi che regolavano contemporaneamente questa separazione e l’apertura dei mercati delle telecomunicazioni della Posta. La tensione era alle stelle. Dopotutto una maggioranza si era disimpegnata per rinunciare a questi referendum. Le ragioni erano molteplici, la principale era la mancanza di sostegno politico. Ma anche l’introduzione delle “clausole sociali” nelle relative leggi. Di fatto un referendum fu poi indetto dall’estrema sinistra e sostenuto da diverse sezioni dell’Unione PTT. Ma senza successo visto che non erano state raccolte le firme sufficienti. Comunque rimane difficile dire, nonostante il regresso, se le decisioni prese ai quei tempi fossero giuste o meno. Per fortuna, nonostante le fortissime divergenze sulla questione, l’unità sindacale è rimasta intatta. Una delle conseguenze della separazione delle PTT e di queste aperture del mercato è stata un rapido avvicinamento delle forze sindacali all’interno delle PTT e l’adeguamento dei nostri Statuti alla nuova realtà. Statuti che furono modificati per permettere il passaggio da un sindacato aziendale a un sindacato di settore. Questa fu la base della creazione del Sindacato della comunicazione.

Il sindacato, il “tuo” sindacato, si è trasformato fortemente negli ultimi 28 anni in cui hai lavorato per e nel sindacato. La strada dalla ASFTT all’Unione PTT e poi al Sindacato della comunicazione per finire a syndicom è stata lunga. Cosa è cambiato, e cosa invece è rimasto uguale?

Nei miei primi anni d’impegno a livello nazionale avevamo il grande piacere, ogni anno, di presentare la lista dei miglioramenti ai nostri membri. A ogni assemblea si congratulavano calorosamente con noi. Dopo, la situazione si è terribilmente inasprita. Dalla metà degli anni Novanta abbiamo dovuto (troppo) spesso batterci per difendere diritti già acquisiti o per attenuare le conseguenze di ristrutturazioni che si sono succedute a un ritmo sostenuto. Inoltre siamo passati da partner sociali di un’azienda, le PTT, a partner sociali di una decina di imprese, senza avere sempre le risorse sufficienti per adempiere appieno a questo nuovo ruolo.

Questa trasformazione, oltre ad avvicinare le forze sindacali, ha avuto come conseguenza un altro cambiamento radicale. Da sindacato che “rivendicava” siamo diventati un sindacato che “lottava”. Da sindacato piuttosto corporativista siamo diventati un sindacato multisettoriale. Quello che è rimasto identico è l’impegno tuttora molto importante dei nostri militanti. Pochi sindacati possono fare affidamento su così tanti fiduciari impegnati, sia a livello di sezione (a dei gradi diversi in base alle sezioni) che a livello degli organi centrali e di divisione. Senza dimenticare l’intenso lavoro, sempre al di là del dovuto, dei dipendenti e delle dipendenti (a tutti i livelli) del sindacato. I nostri lavoratori e le nostre lavoratrici svolgono un super lavoro con tanta dedizione.

A quali momenti ti piace ripensare? Quali sono stati difficili invece?

Il mestiere del sindacalista è molto duro. Si ricevono molti colpi e si vivono momenti terribili. Ma è anche un arricchimento permanente dal punto di vista umano. Mi sono sempre sentito privilegiato di poter fare del mio impegno anche il mio mestiere. Nei momenti più difficili mi sono sempre ricordato di questa fortuna. I più bei momenti rimarranno i migliaia di incontri vissuti, di scambi, di emozioni condivise e soprattutto la solidarietà sentita durante le lotte sindacali, specialmente durante gli scioperi. Il colpo più grande è stato l’annuncio nel 1998 della soppressione di seimila impieghi da parte di Swisscom con l’inevitabile pronunciamento di licenziamenti. Io l’ho saputo il giorno stesso in cui si teneva un’assemblea dei delegati e me lo ricordo ancora come fosse ieri. Quando ho fatto l’annuncio ai delegati, ero in totale stato di shock. Generalmente i momenti più duri sono stati sempre strettamente legati ai “danni”, troppo spesso sottovalutati, provocati alle persone dai licenziamenti e dalle ristrutturazioni.

Con quali strategie e quali idee syndicom saprà gestire il futuro? Quali sono le maggiori sfide?

syndicom è ben armato per il futuro. Le priorità fissate fino al congresso sono ragionevoli e dovranno essere messe in atto con determinazione. Il rafforzamento della presenza sindacale nelle aziende, il maggior sostegno verso i fiduciari e la continuazione di una politica molto attiva in materia di CCL saranno gli elementi chiave per affrontare le sfide rappresentate da un inasprimento delle condizioni di lavoro, dall’individualismo crescente e soprattutto dall’avanzamento del progresso della digitalizzazione e della “disumanizzazione” drammatica che tutto questo causa.

Io sono fiducioso riguardo al futuro di syndicom e dei sindacati in generale. Ma bisogna che tutte e tutti, a ogni livello (dipendenti dei sindacati, militanti attivi, membri e non membri) abbiano sempre bene in mente che soltanto la solidarietà e l’azione collettiva portano dei frutti e permettono ai lavoratori e alle lavoratrici di difendersi efficacemente e di migliorare la loro situazione e che l’individualismo invece è un vicolo cieco. E oso concludere con un appello: se ognuno dei nostri iscritti reclutasse un/a collega di lavoro convincendolo/a della necessità della solidarietà e del sindacato, il futuro delle persone che difendiamo si presenterebbe sotto prospettive assai migliori…

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