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Giornalisti si diventa

Una professione in crisi, stretta nella morsa della commercializzazione a ogni costo e dell’evoluzione tecnologica, e che richiede gente sveglia e appassionata per mantenere l’importante ruolo di cane da guardia della democrazia verso il potere politico ed economico. Sembra essere partito un grido d’allarme all’unisono, anche se avvolto dalla festosità, all’ultima consegna dei diplomi del Corso di giornalismo.

 

Come ormai consuetudine da quando il Corso di giornalismo della Svizzera italiana ha portato all’ottenimento del diploma cantonale di giornalista, la cerimonia per la consegna dei diplomi si è svolta a Bellinzona nell’aula del Gran Consiglio in presenza dell’attuale direttore del Decs Manuele Bertoli, del direttore dei corsi Eugenio Jelmini, del presidente di commissione Fabrizio Ceppi e della presidentessa della commissione d’esame Monica Piffaretti. Tutti hanno colto l’occasione per riflettere su quello che oggi è diventato il mondo dell’informazione a partire dal consigliere di Stato e direttore del Decs Manuele Bertoli ricordando la missione fondamentale di democrazia che investe il giornalismo. Non ha mancato di sottolineare la particolarità del momento dove, da un lato, si fa confusione tra organo d’informazione e prodotto commerciale e, dall’altro, ci si trova confrontati con l’arrivo delle nuove tecnologie della comunicazione che hanno esasperato questo aspetto. “Vuoi per l’accelerazione dei tempi di produzione delle notizie, vuoi per la costante erosione delle risorse umane e finanziarie messe a disposizione per questo importante e delicato lavoro. E qui una grande responsabilità cade senz’altro nel campo degli editori” ha scritto Bertoli nel suo discorso. Tra i mali dell’attuale mondo mediatico Bertoli ha poi puntato il dito sulla moda sempre più diffusa di un’informazione “people” cui non interessa tanto il fatto, quanto il solleticare le emozioni per vendere di più. Il consigliere di Stato si è poi rivolto ai neodiplomati giornalisti invitandoli a non dimenticare il loro compito istituzionale che deve spingerli alla ricerca della verità, l’illustrazione della realtà, la denuncia della falsità perché se questo non viene fatto “il potere e la politica più opachi, che l’informazione dovrebbe invece sorvegliare, hanno il campo libero per agire nel peggiore dei modi”.

La qualità ha un prezzo

Questo sguardo severo ma purtroppo realistico di quello che oggi è anche nel nostro cantone il mondo dell’informazione è stato il filo conduttore anche del discorso di Monica Piffaretti, presidentessa della commissione d’esame. “Sono cosciente che oggi purtroppo più di ieri le macchine economiche che stanno dietro ogni media premono sul fattore umano, lo strizzano dando retta solo alla pubblicità e agli ascolti e il pubblico annega nello sterminato oceano d’informazione e purtroppo pensa di non dover più sborsare un centesimo per ottenere qualche cosa di valido”. Ha detto senza mezzi termini. “La qualità dunque” ha poi ribadito “deve avere un costo e un prezzo”. Una battaglia questa che si sta giocando attualmente in tutta la Svizzera, ma non solo, e che non sarà l’ultima per questa professione. Una professione “per gente sveglia, curiosa, cosciente del privilegio che ha di essere osservatrice di una società che sta cambiando pelle, del privilegio di informare di quello che vede, vicino e lontano”. Nel suo saluto e augurio ha voluto ricordare che l’informazione è potere e chi lo ha capito la usa, per questo ha avvertito i neodiplomati a fare attenzione dicendo loro: “Non fatevi usare”.

Ricerca e indipendenza

Il Corso di giornalismo ha dunque un ruolo importante, quello di fornire ai colleghi e alle colleghe che sono ai primi anni della loro attività giornalistica gli strumenti necessari per svolgere con consapevolezza e rigore questo complesso e delicato mestiere. Il direttore del Corso di giornalismo Eugenio Jelmini ha ricordato i tre pilastri del buon giornalismo: la ricerca della verità, l’indipendenza di giudizio e il rispetto delle persone. “Valori essenziali della professione che oggi stanno andando persi” ha affermato il direttore sottolineando che non c’è mai stata così tanta informazione e al contempo tanta insoddisfazione per l’informazione che si fa. Ha poi citato uno dei suoi autori preferiti Ryszard Kapuscinski secondo il quale per fare del buon giornalismo si debba innanzitutto essere degli uomini buoni perché “solo l’uomo buono cerca di comprendere gli altri, le loro intenzioni, la loro fede, i loro interessi e le loro tragedie”. Il lavoro di giornalista diventa così molto più che un semplice mestiere. Diventa “una vocazione, per non dire una missione” ha aggiunto Eugenio Jelmini.

Margine per migliorare

Alla cerimonia, il presidente della commissione dei corsi Fabrizio Ceppi ha colto l’occasione per ringraziare Gianni Moresi, oggi in pensione, che per moltissimi anni ha seguito la formazione anche dei giornalisti e che in futuro sarà sostituito in seno alla commissione, in rappresentanza del Cantone, da Gian Marco Petrini. Dopo la consegna del diploma ai 21 neodiplomati è stata data la parola a Mario Conforti che ha introdotto il premio giornalistico Renato Porrini e Fabio Dozio che ha annunciato la vincitrice e la motivazione della scelta (vedi riquadro). Un finale che ha regalato un momento di divertente suspense. Tra i neodiplomati i sorrisi e la soddisfazione ma anche indubbiamente qualche critica nei confronti di un corso che vuole dare molto, ma che necessita secondo alcuni di qualche calibratura. Le opinioni buone e cattive sono state raccolte diligentemente dal direttore dei corsi e si cercherà di tenerle in considerazione nella preparazione del programma dei prossimi corsi di giornalismo.

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