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I salari nei media sotto esame della Seco

In assenza di un CCL nella Svizzera tedesca e in Ticino la retribuzione dei professionisti dei media sta peggiorando sensibilmente. Da anni vige il sospetto di dumping salariale. All’inizio dell’estate la Seco si è nuovamente informata presso syndicom sulla situazione dei salari nel settore dei media.

 

La Commissione tripartita della Confederazione (CT Confederazione) osserva il mercato del lavoro a livello nazionale. Per acquisire conoscenze approfondite stabilisce ogni anno dei settori “osservati speciali” da controllare più intensamente degli altri. Quattro anni fa, a giugno del 2011, la CT della Confederazione ha per la prima volta esaminato in maniera approfondita il settore giornalistico. Quest’analisi viene periodicamente integrata e aggiornata. Se il partenariato sociale funziona, la CT della Confederazione darà priorità al dialogo. Nell’estate del 2013, in seguito ad alcuni segnali di ripensamento da parte degli editori, la Commissione ha rinunciato all’analisi approfondita. Quest’estate la Seco ha chiesto nuovamente alle organizzazioni professionali dei giornalisti e delle giornaliste in Svizzera informazioni sullo stato di eventuali CCL. syndicom e impressum prendono posizione sull’argomento e riferiscono alla CT della Confederazione in merito al netto e persistente rifiuto delle associazioni degli editori della Svizzera tedesca e del Ticino anche di solo discutere di un contratto collettivo di lavoro.

 

L’esempio più recente: il 24 aprile la ministra delle comunicazioni, Doris Leuthard, ha dichiarato in un’intervista, tra cui alla Südostschweiz, che il CCL della stampa della Svizzera romanda si ripercuote «in modo percettibilmente positivo sul livello di qualità» e si «augura fortemente che gli editori si mostrino più aperti al dialogo e possano coalizzarsi con i sindacati».

 

A quest’affermazione il presidente degli editori, Hanspeter Lebrument, ha risposto nel suo giornale: «Dal 2004 non c’è più stato il benché minimo serio tentativo di introdurre un nuovo CCL», e nessuno avrebbe finora espresso nei suoi confronti il desiderio di un CCL. Questa affermazione ha scatenato diverse centinaia di e-mail da parte di giornaliste e giornalisti che hanno confermato a Lebrument il loro forte desiderio di avere un CCL.

 

Lo stesso Hanspeter Lebrument aveva dichiarato a gennaio che il partenariato sociale era una questione aziendale. Perciò syndicom e impressum avevano invitato le case editrici a partecipare a delle trattative per un accordo aziendale. Ma nessun singolo membro dell’associazione degli editori intendeva negoziare un CCL aziendale, tutti puntavano a trattative per il CCL condotte a livello di associazione.

 

Anche all’inizio di luglio, ovvero poco dopo l’intervento della consigliera federale Doris Leuthard, lo stesso Hanspeter Lebrument aveva risposto a un’ulteriore lettera delle organizzazioni professionali sostenendo che non vedeva alcuna fretta di dare avvio alle trattative per il CCL poiché i membri della sua associazione avevano assunto le loro giornaliste e i loro giornalisti a condizioni decorose.

 

Nel frattempo la situazione è divenuta nota a tutti: nelle redazioni lo stress e l’insoddisfazione sono fortemente aumentati, mentre gli stipendi e gli onorari sono in parte drasticamente diminuiti negli ultimi dieci anni. E anche gli ispettorati del lavoro hanno constatato già lo scorso anno, secondo quanto riferito da syndicom e impressum, che la protezione della salute non viene garantita in diverse redazioni. Soprattutto la registrazione delle ore di lavoro. Anche per questo syndicom e impressum hanno esortato diverse volte l’associazione degli editori e il suo presidente ad avviare delle trattative per un CCL. Dal momento che i giornalisti continuano a essere trascurati e tenuti sulla corda, syndicom e impressum esortano, assieme alla CT, che quest’anno sia posto sotto esame il settore giornalistico – e che vengano prese adeguate misure correttive.

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