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Il Consiglio nazionale dorme e la Posta racconta bugie - Un appello al Gran Consiglio

Il 12 dicembre 2016, quasi due anni fa, il Gran Consiglio del Cantone Ticino accolse alla quasi unanimità una risoluzione rivolta alle Autorità federali con la quale chiedeva di adottare una moratoria sulle chiusure degli uffici postali.

Il 16 marzo 2017, un anno e mezzo fa, diversi parlamentari presentarono una mozione al Consiglio nazionale con la quale chiedevano la stessa cosa. Due proposte più che ragionevoli. Esse, incomprensibilmente, sono tuttavia rimaste senza seguito. Il Consiglio federale e la direttrice del DATEC, Doris Leuthard, fecero invece sapere che la moratoria non è necessaria. È evidente che in tale situazione il Consiglio di amministrazione e la direzione della Posta si sono sentiti autorizzati a continuare il loro lavoro di distruzione dei servizi pubblici postali. Ci si poteva attendere che lo scandalo di Autopostale, ossia la truffa nei conti che ha tra l’altro danneggiato anche i Cantoni, avesse potuto interrompere lo stillicidio degli uffici postali, o perlomeno rallentare le loro chiusure. Così non è stato.


La Posta sta procedendo con le chiusure a ritmo accelerato

A Vacallo è stato chiuso l’ufficio postale e aperta un’agenzia (ora la chiamano filiale in partenariato) in un negozio di alimentari. I servizi saranno gli stessi e gli orari d’apertura saranno più estesi, afferma la Posta sapendo di mentire. Gli orari infatti non saranno più estesi ma avranno una durata uguale a quelli dell’attuale ufficio postale. Le operazioni che si potranno effettuare diminuiranno e il servizio peggiorerà. Basti pensare che i buralisti postali ricevevano una formazione di due anni, mentre i responsabili delle agenzie di soli due giorni! Naturalmente, malgrado il segreto professionale, sorgono dubbi sul rispetto della privacy, soprattutto quando si tratta di effettuare pagamenti, dell’invio o del ritiro di raccomandate oppure in occasione di altre operazioni delicate.

A Castagnola sarà pure un bar a offrire, si fa per dire, i servizi postali. Addirittura, in questo caso la Posta non ha nemmeno rispettato la decisione della Commissione federale delle Poste, secondo la quale il posto non sarebbe idoneo. E, come in molti altri casi, il parere della popolazione che si era opposta con una petizione non è stato per nulla considerato. Stessa sorte toccherà agli uffici postali di Sorengo e di Arbedo che chiuderanno a breve nonostante i ricorsi dei Municipi. Ora è in discussione la chiusura dell’ufficio postale di Lugano-Besso, alla quale la popolazione del quartiere si sta opponendo con tenacia. Mobilitazioni stanno avvenendo anche a Castione e in tanti altri comuni.

Come se ciò non bastasse, la Posta continua a ridurre gli orari di apertura negli uffici postali, anche quelli centrali delle città, come a Bellinzona. Al mattino gli sportelli non aprono più alle 7.30, come succedeva da cent’anni, con piena soddisfazione dell’utenza, bensì solo alle ore otto. Non è vero che la diminuzione degli orari è legata alla diminuzione dei clienti. A Cadro è successo l’esatto opposto. A un aumento della clientela dell’ufficio postale, la Posta ha risposto riducendo gli orari di apertura unicamente per contenere i costi di esercizio.

È ormai evidente che la Posta persegue una politica aziendale volta a demotivare i cittadini ad andare all’ufficio postale. Al personale dell’ufficio postale vengono date direttive di spingere la clientela ad andare sull’online e non gli si permette più di vendere molti prodotti.

Infine, la Posta oltre a proseguire con affermazioni false, fornisce dati discutibili. Non è vero ad esempio, ed è accertato, che la frequenza negli uffici postali diminuisce. È vero il contrario. L’utenza snobba invece le agenzie. Molti sono coloro che non accettano di svolgere le attività postali tra le insalate, i salametti o davanti a un cappuccino e preferiscono fare lunghi tragitti per recarsi a un ufficio postale.


Il «Comitato uniti in difesa del servizio postale» esprime pertanto viva preoccupazione per questa situazione e rivolge un appello alla presidente del Gran Consiglio, affinché intervenga presso le Autorità federali chiedendo che la risoluzione adottata dai nostri deputati e la mozione sulla moratoria siano finalmente approvate dal Consiglio nazionale. 

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