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Il partito dei padroni

Ebbene sì, è già stata avviata la campagna per le elezioni nazionali dell’autunno 2015. La possente Unione svizzera delle arti e dei mestieri (USAM) ha già stilato il bilancio politico della prima metà della legislatura in corso. Il 7 marzo, il suo giornale ha pubblicato una classifica che da una parte elenca i consiglieri nazionali “che hanno mostrato un’attitudine benevola o amichevole verso il mondo delle PMI” e dall’altra parte “punta coloro che si disinteressano di una posta in gioco così vitale come quella delle arti e dei mestieri”. Il metodo usato è molto semplice. Nel 2012 e 2013, i voti individuali dei 200 eletti su circa 150 obiettivi inerenti all’economia sono stati analizzati e confrontati con le posizioni raccomandate dall’USAM al fine di calcolare il “grado di compatibilità” tra i parlamentari e il mondo degli imprenditori.

Tra i 50 amici più stretti dell’economia padronale ne figurano 48 dell’UDC e 2 liberal-radicali. Il primo democristiano si posiziona al 67esimo posto, e il borghese-democratico più “compatibile con i padroni” si colloca alla 76esima posizione. Tra le forze populiste, il primo eletto della Lega si posiziona al 60esimo posto e quello dell’MCR al 112°. Verso la fine della classifica troviamo il primo verde-liberale al 119esimo posto, il primo ecologista al 138° e il primo socialista al 140esimo posto.

Da notare che all’inizio del 2011 c’erano ancora 17 radicali tra le prime venti posizioni della classifica; alla fine del 2013, ne sono rimasti 2 su 50. I pupilli dell’USAM ora provengono dunque da una nuova scuderia. L’Unione democratica di centro è diventata il partito dei padroni e l’USAM ne è felice, dal momento che la sua inchiesta le permette ormai di “anticipare quello che succederà”!

Ma ci siamo anche noi ad osservare gli scenari, e anche noi siamo in grado di anticiparvi, più o meno, quello che potrebbe succedere. L’alleanza oggettiva tra l’UDC, che detta regolarmente l’agenda politica culminando nelle sue proposte estreme, e il “braccio armato” del padronato svizzero operativo per tutte le campagne referendarie o d’iniziativa, apre un periodo di grande rischio per i lavoratori. I nuovi amici vogliono entrambi liberalizzare il mercato del lavoro, uno “opponendosi categoricamente all’inasprimento delle misure di accompagnamento” a protezione dei salari perché “le condizioni di lavoro in Svizzera sono già ben protette e gli abusi sono puniti”, e l’altro rifiutando “delle nuove restrizioni che ridurrebbero la flessibilità del mercato del lavoro”.

Almeno la sinistra e i sindacati vi hanno messo tutti in guardia. È stata ufficialmente aperta la guerra alle condizioni di lavoro e il risultato dello scrutinio del 9 febbraio è stato solo un piccolo assaggio di quello che cuoce nelle pentole dell’Unione democratica delle arti e dei mestieri.

Michel Schweri

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