Libera stampa in libero stato
“Difendi anche tu la libertà di stampa”, afferma l’appello del “Caffè”. Dobbiamo difenderla più che mai, proprio oggi. Perché la libertà di stampa è sotto attacco. Per due principali motivi.
Il primo motivo è di tipo economico. Negli ultimi anni, con la digitalizzazione, i giornali si sono visti ridurre drasticamente gli introiti pubblicitari. Questo fatto ha notevolmente impoverito le redazioni che si sono viste aumentare i carichi lavorativi e peggiorare le condizioni di lavoro. Meno risorse, più stress, meno tempo: tutto questo ha ridimensionato l’approfondimento, le inchieste, il giornalismo “scomodo”. Non possiamo dimenticare che approfondimento e inchiesta evitano derive autoritarie (o addirittura totalitarie) del nostro sistema politico poiché consentono di vigilare sul potere e di stimolare la rappresentanza delle minoranze.
Il secondo motivo è la diminuzione della pluralità d’informazione. Se la COMCO non interviene tempestivamente, la cannibalizzazione delle piccole redazioni locali da parte dei grandi gruppi editoriali, sarà sempre più brutale. L’informazione è sempre più in mano a un ristretto gruppo di persone che tendono a filtrare le informazioni in contrasto con i propri interessi e a rafforzare a proprio vantaggio il controllo politico dei mezzi di informazione.
Per questi motivi, oggi è sempre più difficile fare giornalismo d’inchiesta. In Ticino, il Caffè è una di quelle redazioni che ancora alza la testa. E non ha paura, anche davanti a importanti interessi economici (come la sanità privata).
Le recenti accuse nei confronti dei suoi giornalisti dimostrano che i gruppi di potere riescono a “stimolare” la creatività di alcuni avvocati e giuristi che si cimentano nell’architettare nuove accuse nei confronti di chi, spinto dalla ricerca della verità, svela fatti scomodi.
L’accusa di concorrenza sleale nei confronti di un giornalista è probabilmente una forzatura di questo tipo (ai giornalisti del Caffè, infatti, non vengono addebitati errori né imprecisioni su quanto pubblicato), che mira a imbavagliare il dibattito.
Se prevale l’interesse pubblico, non esistono tematiche che non possano essere trattate, afferma il Consiglio svizzero della stampa. Nella ricerca della verità, il giornalista ha il diritto (e il dovere) di denunciare anche i poteri forti. Lo Stato glielo deve garantire: lo afferma la Costituzione.
L’auspicio è che il nostro potere giudiziario cantonale, in attesa che la giustizia faccia il suo corso, non sottovaluti l’impatto intimidatorio di questa accusa “creativa” in campo giornalistico. Se le piccole redazioni che ancora alzano la testa temono di essere perseguite per il reato di concorrenza sleale, si rischia seriamente di imbavagliare l’informazione nel nostro cantone.
La stampa è il cane da guardia della democrazia, si dice. Ma, in mancanza di una migliore regolamentazione delle condizioni lavorative e della tutela dei giornalisti, si continua a indebolirla.
Per questi motivi, syndicom si batte affinché il settore sia nuovamente regolato da un Contratto Collettivo di Lavoro, che in Ticino manca ormai da più di 12 anni.
La responsabilità etica nei media presuppone buone condizioni lavorative. Con un contratto collettivo di lavoro, i giornalisti torneranno ad avere maggiori garanzie sociali, serenità, tempo. E potranno fare meglio il loro mestiere nell’interesse della nostra società.
Nicola Morellato, segretario regionale