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Privatizzazione totale di Swisscom: nessuna chance al Consiglio degli Stati

COMMENTO

Un dibattito unilaterale quello svoltosi agli Stati. Talmente unilaterale che il consigliere agli Stati Ruedi Noser ha ritirato la mozione con cui chiedeva la privatizzazione totale di Swisscom ancora prima della votazione, evitando di andare incontro a un risultato più che scontato. Questo fatto deve far riflettere la consigliera nazionale dell’UDC Natalie Rickli, la cui mozione sullo stesso argomento è ancora in sospeso.

È stato un dibattito breve e unilaterale. Ruedi Noser non ha trovato nessun consigliere agli Stati che appoggiasse la sua mozione. A nulla è valso aver richiamato l’attenzione sui pericoli legati a una partecipazione maggioritaria della Confederazione. Una Confederazione azionista di maggioranza di Swisscom limiterebbe infatti la libertà aziendale e farebbe correre un rischio imprenditoriale troppo grande. Argomentazioni non nuove che non sono risultate convincenti. Swisscom porta alla Confederazione, e dunque alla comunità, profitti sicuri per circa 500 milioni di franchi l’anno.

 

Inoltre il sistema elvetico funziona. In Svizzera lo standard delle telecomunicazioni è tra i migliori al mondo, mentre in molti paesi le esperienze di privatizzazione sono state negative. In Austria, ad esempio, si sta pensando seriamente a nazionalizzare nuovamente l’azienda. Ancora meno degna di considerazione è stata la precisazione di Ruedi Noser di non voler chiedere una privatizzazione totale, ma solo di sollevare la Confederazione dall’obbligo di mantenere almeno il 50% delle azioni. Ed è qui che è emersa chiaramente la politica degli interessi sottostante. È più che palese che l’abrogazione della clausola del 50%, senza che venga stabilito un nuovo limite, apre lo spiraglio a un processo che porterebbe gradualmente alla privatizzazione totale di Swisscom. Un nuovo limite sarebbe invece arbitrario e decisamente meno efficace dell’attuale regola del «50+» che garantisce alla Confederazione il controllo strategico delle telecomunicazioni, un aspetto chiave nel costante processo di digitalizzazione dell’economia. L’analoga mozione di Natalie Rickli continua a essere in sospeso. La Rickli ha anche già fatto capire all’opinione pubblica di non voler spingere a tutti i costi il Consiglio nazionale a una votazione. Dopo tutto, procedere a una votazione non sarebbe altro che un obbligo inutile, visto il tenore del dibattito svoltosi al Consiglio degli Stati. E anche se, contro ogni aspettativa, la mozione passasse al Nazionale, al Consiglio degli Stati non avrebbe alcuna chance, talmente sono chiari i rapporti di maggioranza in seno a tale organo. syndicom è pronto a far fronte a ogni eventualità. Anche perché c’è da scommettere che questa non sarà l’ultima discussione sulla privatizzazione di Swisscom. Al più tardi, nel momento in cui l’OCSE renderà nota la prossima relazione sui paesi, nella quale l’organizzazione si esprime puntualmente a favore della privatizzazione di Swisscom, la politica tornerà sulla questione. Anche se la popolazione non ne vuole sapere, come confermato dal sondaggio gfs realizzato su incarico di syndicom, pubblicato sulla scorsa edizione del giornale.

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