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Questa iniziativa può nuocere gravemente al vostro servizio pubblico

A una prima occhiata potrebbe apparire paradossale. Nel Paese del servizio pubblico, i promotori stanno cercando invano degli alleati per l’iniziativa “A favore del servizio pubblico”. Associazioni e partiti sono contrari. In qualità di sindacato della Posta e di Swisscom, syndicom è direttamente coinvolto. Daniel Münger e Giorgio Pardini spiegano perché syndicom rifiuta l’iniziativa. Intervista di Christian Capacoel

 

I sostenitori dell’iniziativa vogliono rafforzare il servizio pubblico e rendere meno care le sue prestazioni. Cosa c’è di sbagliato?

Giorgio Pardini: Con quest’iniziativa i servizi di Swisscom non diventerebbero affatto più convenienti e migliori, in quanto una gran parte degli utili oggi ritornano in azienda come investimenti, garantendo un ampliamento dell’infrastruttura e cioè una base per avere buone prestazioni. Con il divieto di puntare ai profitti, questi investimenti sarebbero messi a rischio. E sicuramente non ne conseguirebbe un abbassamento del prezzo. Anzi, probabilmente questi servizi rincarerebbero, perché non dimentichiamoci che gli investimenti vanno anche finanziati.

Daniel Münger: Anche alla Posta i prezzi non diminuirebbero. Proprio nel servizio di base si registrano zero o pochi utili. Questi settori subirebbero una pressione economica ancor maggiore. Insieme alla pressione politica che viene esercitata sul servizio pubblico, quest’iniziativa sicuramente non porterebbe a servizi più convenienti. Piuttosto i prezzi aumenterebbero e verrebbe avviata una discussione per accelerare lo smantellamento dei servizi.

Gli stessi fautori dell’iniziativa parlano dei continui tagli dei servizi che essi però vogliono combattere…

Pardini: Lo standard svizzero si colloca in cima alle telecomunicazioni internazionali. Riguardo ai prezzi, ci posizioniamo nel segmento inferiore della media. Il nostro rapporto qualità-prezzo dunque è buono. Inoltre negli ultimi 15 anni abbiamo fatto un grande salto tecnologico. Per questo qui sarebbe più opportuno parlare di un ampliamento dei servizi! Münger: Alla Posta non siamo soddisfatti degli sviluppi, ma questa iniziativa non risolverebbe il problema. La domanda su quali prestazioni e in quale forma fanno parte del servizio pubblico rappresenta un interrogativo politico che ci poniamo di continuo, vedi per esempio sulla rete degli uffici postali. In questa discussione politica l’iniziativa non ci aiuta nemmeno un po’. Anzi, temo che nel caso di un’accettazione dell’iniziativa il servizio universale verrebbe inteso in senso ancora più stretto. E più stretto si definisce il servizio di base, più il servizio pubblico finisce sotto pressione.

Ma oggi cosa esattamente fa parte del servizio di base e come la mettiamo con gli utili?

münger: Il servizio universale inteso in senso stretto comprende la rete degli uffici postali, quello che rimane del monopolio sulle lettere e il traffico dei pagamenti. Il divieto di puntare ai profitti condurrebbe alla completa esternalizzazione delle attività al di fuori del servizio universale dove oggi la Posta fa dei guadagni. Parto anche dal presupposto che il Parlamento nella sua composizione attuale sicuramente incentiverebbe questi sviluppi. Per questo, secondo me, l’iniziativa porterebbe a uno smantellamento del servizio non solo della Posta ma di tutto il servizio pubblico.

Pardini: Dell’utile guadagnato presso Swisscom e Posta a oggi ne approfitta tutta la collettività. Lo Stato riceve una partecipazione annuale agli utili di 600 milioni. Considerati da questa prospettiva, i profitti di Swisscom e Posta non sono poi così negativi. Se questi 600 milioni venissero a mancare, non c’è dubbio dove si risparmierebbe. Non nell’ambito militare o agricolo, ma in quello della formazione, dell’aiuto allo sviluppo, della salute. Questo però i fautori dell’iniziativa non lo dicono! E nel caso l’iniziativa fosse accettata, anche presso Swisscom si rischierebbe una spaccatura tra una piccola parte che garantisce il servizio di base e l’altra parte, quella più grande e più redditizia. Infatti i “privatizzatori” mica vogliono la rete, ma vogliono solo mettere le mani sui servizi e sui prodotti che Swisscom oggi vende con profitto.

Perché i fautori dell’iniziativa mirano soprattutto a Posta, Swisscom e FFS? Come già menzionato, il servizio pubblico va ben oltre…

Pardini: Qui siamo di fronte a un’iniziativa populista. Ecco perché si focalizza l’attenzione su Swisscom, Posta e FFS, perché è qui che si alimentano le emozioni. I sostenitori dell’iniziativa promettono prezzi più bassi e prestazioni migliori, tutte cose che non si avvereranno. Poi rincarano la dose mettendo in ballo anche gli stipendi d’oro dei manager. Di nuovo più populismo che argomenti concreti.

Ma cosa c’è di sbagliato nel voler ridurre gli stipendi dei manager della Posta e di Swisscom?

Pardini : Bisogna leggere il testo dell’iniziativa. La disposizione salariale non riguarda soltanto i manager, ma tutti i lavoratori. Un’accettazione dell’iniziativa equivarrebbe a un disastro. Le condizioni di lavoro attuali presso Swisscom, grazie al Contratto Collettivo di Lavoro sono migliori di quelle federali. L’iniziativa mette a rischio i diritti acquisiti.

La questione degli stipendi dei manager va un attimo relativizzata. Se si confrontano gli stipendi dei quadri con quelli dell’economia privata, essi non sono troppo alti. E soprattutto: se la Swisscom venisse privatizzata, le retribuzioni dei manager probabilmente salirebbero ancora di più. Questo lo dimostrano le esperienze fatte nelle privatizzazioni parziali degli ultimi anni.

münger: È chiaro che urta il fatto e che è difficile da comprendere sul perché la Signora Ruoff guadagni notevolmente di più della Signora Leuthard. Ma dal punto di vista sindacale per noi al centro ci sono i salari dei dipendenti. E qui purtroppo l’iniziativa costituisce una vera minaccia. Se venisse accettata il Parlamento deciderebbe sui salari e sulle condizioni di lavoro della Posta. Dal punto di vista dei lavoratori postali... uno scenario da far rizzare i capelli.

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