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Salario minimo e altre misure per il Ticino

Il 14 giugno è arrivato un segnale importante da parte della popolazione ticinese, che ha accolto con il 54% dei voti l’iniziativa costituzionale “Salviamo il lavoro in Ticino”.

 

Il 14 giugno è arrivato un segnale importante da parte della popolazione ticinese, che ha accolto con il 54% dei voti l’iniziativa costituzionale “Salviamo il lavoro in Ticino”.

Tutti i lavoratori devono essere retribuiti con salari dignitosi che permettano di vivere nel cantone, questo è il messaggio che passa con questa votazione. Ed è proprio questo l’aspetto indubbiamente molto positivo: la maggioranza del popolo ticinese ha capito che la strada da seguire per combattere il dumping è il miglioramento delle condizioni di lavoro, a cominciare dalla determinazione di un salario minimo garantito.

Sulla base di quanto è accaduto nei Cantoni di Giura e di Neuchâtel, il salario minimo dovrebbe raggiungere i 3’500 franchi mensili. Questa soglia permetterebbe di migliorare le condizioni di molti lavoratori impiegati nel nostro cantone, tuttavia sulla sua applicazione sussistono ancora dei dubbi.

È ovvio che prima di dare un giudizio definitivo bisognerà comunque attendere come questa iniziativa sarà concretamente applicata.

Non dobbiamo però farci false illusioni, in ogni caso i problemi del mercato del lavoro non si potranno risolvere attraverso l’introduzione di una sola misura (come forse l’iniziativa lascia intendere), bensì attraverso una serie di provvedimenti concreti. Al riguardo l’USS ticinese ha consegnato il 19 maggio un documento alla Segreteria di Stato dell’economia (SECO) con un elenco di misure che, una volta applicate, potrebbero permettere un cambio di rotta dall’attuale degrado del mondo del lavoro. Esse vanno dalla “facilitazione del conferimento dell’obbligatorietà generale ai contratti collettivi di lavoro”, a una migliore protezione in caso di licenziamento abusivo, a una percentuale massima d’impiego di lavoratori interinali nelle aziende, a una serie di miglioramenti concreti dei diritti dei dipendenti sui posti di lavoro. Si propone inoltre uno stanziamento maggiore di fondi per permettere dei controlli più frequenti soprattutto nelle regioni di confine e si indicano delle modalità per sanzionare gli abusi con un reale effetto deterrente.

Sempre in questo documento per la prima volta si dimostra, statistiche alla mano, la diffusione del dumping salariale in Ticino. Le persone maggiormente toccate sono quelle con le retribuzioni medio-basse. Anche la SECO nel suo undicesimo rapporto del 23 giugno riguardante le ripercussioni della libera circolazione delle persone sul mercato del lavoro in Svizzera, ha per la prima volta riconosciuto l’esistenza del dumping salariale in Ticino. La SECO ammette anche l’importanza di applicare misure d’accompagnamento adattate per le regioni di confine.

L’introduzione di un salario minimo e il riconoscimento, seppur tardivo, da parte della SECO dell’esistenza del dumping salariale in Ticino, sono segnali di cambiamento che vanno nella giusta direzione e che devono essere quindi salutati positivamente. C’è comunque ancora molto da fare, è un momento difficile per il lavoro nel nostro cantone, come ha riconosciuto anche la SECO. Non possiamo quindi abbassare la guardia ma dobbiamo continuare a lottare insieme alle lavoratrici e ai lavoratori per garantire delle buone condizioni di lavoro per tutti.

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