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Un sì alla cultura, alla diversificazione e all’editoria minore

In Ticino una trentina di piccole librerie unite in associazione stanno facendo il possibile per far passare la legge sul prezzo fisso del libro. L’11 marzo con il loro voto i cittadini dovranno scegliere se schierarsi nel campo della cultura o quello del consumismo. La redazione ha visitato la libreria Il Segnalibro di Lugano per capire qual è la posta in gioco.

 

 

In Ticino le librerie sono spesso a gestione familiare e sono piuttosto piccole. Alcune sono librerie storiche. A Lugano dal 2002 in una zona piuttosto centrale esiste la libreria Il Segnalibro. Ora che si preparano a festeggiare i 10 anni di attività, Prisca Wirz Costantini, Sabina Buzi e Francesca Beltrani possono affermare di aver vinto la loro scommessa.
Le tre colleghe e amiche erano tutte dipendenti della libreria Melisa, forse la più conosciuta nel Luganese e, come molti di quelli che hanno scelto il mondo dei libri come professione, custodivano un sogno nel cassetto: aprire un proprio negozio da gestire da sole. Poi un giorno ecco che arriva un cambio di gestione alla Melisa che le spinge a guardarsi concretamente intorno. È così che, trovato per caso uno spazio che si rivela poi essere perfetto per lo scopo, le tre giovani donne, preso il coraggio a due mani, si lanciano nell’avventura: nasce la libreria Il Segnalibro.


Oggi vi lavorano in otto. Quattro persone sono impiegate a tempo pieno, tre a tempo parziale e una è apprendista. «Abbiamo messo tutte noi stesse in questo progetto, con tanto impegno, tante e tante ore di lavoro e con l’incertezza di non sapere se saremmo state accolte bene dal pubblico»  ci racconta Prisca Wirz che abbiamo incontrato per parlare della realtà delle librerie in Ticino.


Un inizio comunque facilitato dal fatto che con la loro pluriennale esperienza conoscevano già le persone di contatto, gli agenti e i distributori ai quali passare gli ordini.
Non solo, Prisca Wirz Costantini è tra le poche libraie in Ticino ad aver ottenuto il diploma federale quando in Ticino la formazione di libraio non esisteva ancora. Per questo ha frequentato la scuola a Zurigo pur facendo il suo apprendistato in Ticino, alla Melisa per l’appunto. «Il lunedì e il martedì lavoravo a Lugano, il mercoledì e il venerdì andavo a scuola a Zurigo e il venerdì pomeriggio ritornavo in Ticino per lavorare il sabato di nuovo a Lugano. Essendo obbligata a studiare fuori dal Ticino, il cantone mi copriva parte dei costi». Una scelta pagante per questa donna che ha scommesso su se stessa e che oggi nella sua libreria, che offre libri di vario genere, senza reparti specialistici ma anche con libri in lingua e testi scolastici, è soddisfatta per questo sogno che si è concretizzato.


Mentre parliamo, e sono solo le nove del mattino di un venerdì di febbraio, entrano svariati clienti, uomini e donne, di ogni età. Non si può realmente suddividerli in categoria, né come consumatori in genere né come lettori. «Ci sono dei clienti che vedo entrare da noi in libreria tenendo in mano la borsa con il marchio Melisa. Credo che molti clienti vadano in entrambe le librerie, siamo anche un po’ diverse, abbiamo un’impronta differente e quindi va bene così, è giusto che ci sia una convivenza» insomma c’è una sana concorrenza tra le diverse librerie, anche con quelle della grande distribuzione come Manor e Migros, forse perché queste ultime vendono soprattutto libri “facili”, gli autori da bestseller per intenderci, come ad esempio quelli di Grisham. Non hanno un servizio di consulenza e di ricerca dei libri. «Certo, guardando verso il futuro, se dovesse passare il no al prezzo fisso del libro, potremmo subire un attacco molto aggressivo a livello di prezzi, e questo ci metterebbe indubbiamente in difficoltà», ci confida Prisca.


Eh sì, perché l’11 marzo il popolo è chiamato a votare la legge sul prezzo fisso del libro. E la posta in gioco è alta, al punto tale che le piccole librerie ticinesi, raggruppate in una associazione, stanno facendo una forte campagna per il Sì al prezzo fisso del libro.
Che cosa significherebbe per una libreria come il Segnalibro la bocciatura di questa legge?
Le librerie hanno bisogno di un certo margine per sopravvivere, quindi non possono permettersi di applicare il cambio del giorno sui libri importati o di fare sconti elevati perché vorrebbe dire la morte certa.


«Avremmo sicuramente più clienti nell’immediato, ma su un medio e lungo termine non si arriverebbe a coprire le spese. Non parliamo poi di quello che potrebbe accadere se dovesse arrivare una catena italiana, perché avrebbe già all’acquisto dei margini molto più grandi dei nostri e alle spalle una struttura che permette loro di ammortizzare le spese in altra maniera.


Se le librerie sostengono questa legge non è comunque solo a  scopo commerciale, ma anche per far riconoscere il libro come un bene culturale primario. In tanti altri paesi europei c’è una legge simile, in Francia, Germania, Portogallo, Spagna, Grecia e altri ancora e trattandosi tra l’altro anche di paesi confinanti con la Svizzera è ancor più importante mantenere regole simili.


A maggior ragione dopo aver visto che nei paesi nei quali non vi è una protezione del prezzo del libro, non solo le piccole librerie scompaiono, ma i prezzi tendono ad aumentare.
«C’è da fare un ulteriore ragionamento legato alle piccole librerie – ci spiega Prisca-, ossia che lo scomparire delle piccole librerie comporta anche un appiattimento nell’offerta quantitativa e qualitativa dei libri».  Ci racconta infatti quanto accade in Italia, dove ci sono le grandi catene di distribuzione in cui poche persone decidono quali libri vendere, e questo in tutte le librerie sparse sul territorio italiano. Che ne sarebbe allora delle piccole case editrici?


Entrando nella libreria Il Segnalibro si incontra per prima cosa un angolo dedicato agli editori e agli autori ticinesi. Ed è questa la ricchezza delle piccole librerie, dove i librai riescono a proporre anche libri di nicchia.


Di fatto anche per i libri, come per l’informazione, la cultura, ma anche per i generi alimentari e altro, vale il principio che la qualità ha un costo. «E poi non va dimenticato che comunque esistono delle edizioni tascabili che costano dieci franchi, e non venitemi a dire che è molto!» esclama Prisca Wirz. E allora auguriamoci che questo sì al libro e alla cultura si traduca in un sì al prezzo fisso del libro! Nella speranza che fra dieci anni si possa tornare alla libreria Il Segnalibro per festeggiare con il personale il ventesimo compleanno.

 


Barbara Bassi

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