Articolo

Una Spoon River svizzera sulle rive del Lago Maggiore

La storia dell’emigrazione dai Cantoni svizzero-tedeschi a Luino tra Ottocento e Novecento è ricca di appassionanti vicende private e insieme universali, di chi cerca l’integrazione e insieme sogna il ritorno alla terra natale. 

 

Anche gli Svizzeri hanno emigrato per lavoro. E, come tutti gli emigranti, hanno sperimentato spaesamento, mancata integrazione, conflittualità e, soprattutto, hanno scoperto la frustrazione, di chi, anno dopo anno, scopre, ma non accetta l’impossibilità di ritornare ai luoghi d’origine. Quella tensione che prova ogni migrante è, infatti, ostacolata, nella maggior parte dei casi, dalle complesse circostanze che ogni forma di trasferimento trascina sempre con sé; finisce, infine, con lo sfumare, di generazione in generazione, trasformando per sempre geografie sociali e familiari. Si potrebbero ricostruire centinaia di biografie in tal senso, legate agli esordi dell’industrializzazione «sotto le Alpi»; sulle rive italiane del Lago Maggiore, in particolare, dove i cadetti delle industriose famiglie del Nord furono spediti a far fortuna con modesto gruzzolo di denaro e tanta voglia di fare. È successo anche a Luino: nel 1868 (per aggirare i dazi doganali dell’Italia appena unificata e per sfruttare manodopera a basso costo, come oggi normalmente si pratica verso i paesi «in via di sviluppo») un giovane Rodolfo Hussy, originario di Safenwil (Argovia), aprì un cotonificio destinato a durare oltre un secolo (sino al 1984 ca.). Con sé richiamò altri imprenditori elvetici (Steiner, Walty, forse gli Stehli della vicina Zofingen, con proprio setificio dal 1883) e fece la storia dei luoghi: nel 1926 aveva alle sue dipendenze 1.100 persone! Ma non di lui ci interessiamo, giacché non di migrante si tratta.

La storia di Anna

Giovanni Rodolfo, infatti, viveva in una bella villa a Luino; anzi, la famiglia ne costruì alla fine ben quattro. In 50 anni, gli Hussy stravolsero la fisionomia economica del paese; sempre accuratamente distanti dalla politica (compreso dal fascismo), co-fondarono una banca, una ferrovia (per Ponte Tresa), altre filiali nel Varesotto e, persino, il cotonificio Dall’Acqua & C. di Busto Arsizio (Varese). Esportavano cotone in tutto il mondo (Giappone incluso); lo importavano grezzo dall’Egitto, dove sguinzagliavano spie e agenti industriali (rigorosamente svizzeri). Lontano da questo bel mondo, invece, viveva Anna Schimmel, all’anagrafe semplice casalinga. Era nata a Luino nel 1887, ma i genitori erano stranieri: la madre, Elisa Siegrist, svizzera; il padre, Michele, bavarese. Si era sposata con Carlo Augusto Stäuble, nato a Basilea nel 1878, contabile presso alcune ditte luinesi. La coppia viveva lungo la strada di Creva, il sobborgo di Luino dove Hussy e Steiner avevano creato le loro fabbriche, tutto irto di fumanti ciminiere; anzi, viveva in uno dei casermoni che quegli illuminati imprenditori avevano costruito per rendere più agevole il soggiorno di maestranze e dirigenti richiamati, da ogni dove dalla Svizzera, per far funzionare le filiali di Luino e dintorni. Erano uomini e donne di lingua tedesca, la maggior parte protestanti. Ma non crediamo che ad Anna sia servito imparare l’italiano, a parte qualche parola per il disbrigo delle faccende quotidiane; per le chiacchiere nei corridoi di quei «falansteri», dai balconi o nel cortile, infatti, poteva tranquillamente conversare nella lingua materna con le amiche: con la più anziana Caterina Kapeller, pure lei casalinga, nata a Matzingen (Turgovia) nel 1849, moglie di Enrico Graf (classe 1847, dal minuscolo Necker, Oberhelfenschwil, San Gallo), Capo Filatore ditta Hüssy; o con Anna Käser, coetanea della prima Anna, dal Canton San Gallo, che le poteva ragguagliare sulle ultime di casa Steiner, essendovi impiegata come domestica; o, ancora, con Lyvia e Maria Kern, figlie dei custodi della portineria Filatura Hüssy (Enrico e Maria Maag). Oppure, in chiesa, con le ultime arrivate: Emma, moglie di Nicolao Koenig, nata a Olten nel 1873, trasferita a Luino nel 1915 a seguito del marito, rappresentante SBB nella locale stazione internazionale.

Nostalgia e integrazione

Anna Schimmel e le amiche nutrivano, ne siamo convinti, un desiderio e di quello ardentemente parlavano nei loro incontri: rivedere le Alpi «dall’altro lato»; tornare nel paese natale. Certo, lo abbiamo accennato, gli Hussy avevano predisposto con estrema cura una trama d’appoggio affinché fosse garantito un elevato standard sociale a queste famiglie trapiantate di punto in bianco al Sud; le cellule delle chiese evangeliche, formatesi a Luino (e, peraltro, tuttora attive), e una scuola svizzera completavano il cerchio di un capitolo assistenziale che era particolarmente rivolto alle donne. Ma, in dissonanza rispetto alla piena assimilazione dei più alti quadri sociali svizzeri con i luoghi d’adozione (tolta la dieresi dal cognome, gli Hussy andavano orgogliosi di un’impossibile parentela con il pittore toscano Stefano Ussi), le vicende di Anna, di Caterina o di Lyvia rinviano a un più problematico spaccato sociale. La conclusione che si trae, ancorché da uno spoglio non sistematico delle tessere anagrafiche del comune di Luino (i nominativi sono centinaia), è che il paternalismo padronale non fu sufficiente ad innescare fenomeni di piena integrazione. Chi poté, ritornò. Non Anna Schimmel, cui toccò in sorte di morire a Luino nel 1932, ma, ad esempio, le sue amiche: Lyvia e Maria Kern, contente di recuperare i fili di un discorso interrotto, rincasarono a Zurigo nel 1911; e ciò nonostante Lyvia fosse nata a Luino nel 1883; e poi Anna Käser e Emma accomunate, nelle cedole comunali, dalla dicitura «partita per la Svizzera».

Stranieri in terra straniera

Non è singolare, ma è sintomatico che, dopo la scomparsa della «nostra» Anna, il marito e il figlio Carlo riprendessero la via del ritorno, anche se la nascita luinese di Carlo ne faceva, di fatto, l’esponente di una seconda generazione venuta al mondo in esilio; da tempo era rimpatriata verso Zofingen la sorella di Anna (nel 1915). È sintomatico perché quel lutto significò, per quella famiglia, la possibilità di recidere anche l’ultimo legame con luoghi e gente mai accettati del tutto. È sintomatico perché, all’opposto, chi restò lo fece solo per via di un inaspettato legame matrimoniale o a causa degli imprevedibili percorsi della vita. Caterina Kapeller e il marito Enrico morirono a Luino (Caterina nel 1924, Enrico nel 1913) dove vissero, si sposarono e morirono a loro volta alcuni figli, tra cui Carlo, meccanico, trovato suicida sui binari della ferrovia per Milano. Ancora: Crescenzia Kienle (da Altdorf) e suo figlio, Edoardo Sulser, nato a Luino, commesso privato ditta G.R. Hüssy, che scomparvero, entrambi, e per fatti che non ci sono noti, nel 1910, non prima di aver incrociato un ramo locale dei Broggini. Accade allora che, oggi, lasciando da parte le aride carte dell’archivio e infilandosi nei viottoli del cimitero di Luino (fonte inesauribile di spunti narrativi anche per il giovane Piero Chiara), ci si imbatta in una sorta di Spoon River elvetica trapiantata in terra straniera. Con altre, inesauribili storie da raccontare: di Goffredo Schimmel (un fratello di Anna?), che sposò una Maria Negri (cognome molto luinese); di Ulrico Fluck (1845-1932), che riposa con l’amata Antonia Rossinelli; di Federico Schaerer (1857-1933), accanto a Maria Bozzolo; o, ancora, di Berta Baumann (1876-1940), «in Galletti».

Chissà se il marito o il figlio, o i nipoti di Anna sono mai tornati a renderle omaggio?

Rimani aggiornato

In modo personale, veloce e diretto

Vuoi sapere per cosa ci impegniamo? Abbonati alla nostra newsletter! I nostri segretari e le nostre segretarie regionali saranno felici di rispondere alle tue richieste personali.

syndicom nei tuoi paraggi

Nei segretariati regionali troverai sostegno e una consulenza competente

Aderire adesso