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Uniti per un mondo migliore

Il Forum sociale, svoltosi in Tunisia, è ancora oggi l’espressione massima della società civile. Molti i paesi e le associazioni che vi hanno preso parte. Molti anche i disagi che non hanno in alcun modo ostacolato la voglia e l’energia dei partecipanti, tutti e tutte a loro modo alla ricerca di cambiamenti. 

 

Al Forum Sociale Mondiale può accadere di ascoltare Julian Assange, il fondatore del sito WikiLeaks, in collegamento Skype dall’ambasciata ecuadoriana a Londra, oppure di ritrovarsi a fianco di un parlamentare europeo a parlare delle bugie di Expo 2015. Oppure, ancora, in una sala piena zeppa, ad aspettare relatori che non arriveranno mai. Nelle disperate condizioni dell’università tunisina El Manar, con aule fatiscenti, spesso senza elettricità, si respirava un’atmosfera da autogestione ai tempi del liceo.

Nato nel 2001 come risposta al Forum Economico di Davos, il Forum Sociale è ancora oggi la maggiore espressione della società civile a livello planetario. In modo assolutamente libero, movimenti sociali, sindacati e associazioni propongono attività diversissime fra loro. Gli oltre mille atelier in programma dal 24 al 28 marzo a Tunisi, in condizioni non facili dopo l’attentato al Museo del Bardo, hanno trattato temi che spaziano dall’ambiente alle migrazioni, dai diritti umani all’economia. Da un’aula all’altra, si poteva passare dai “diritti delle lesbiche in Palestina” alla “resistenza all’aggressione pubblicitaria”, fino all’immancabile riproposta dell’esperanto come lingua universale. Nel campus universitario, tendoni con materiale pubblicitario sulla protezione dei siti storici della Tunisia o sulla storia dell’Islam.

Alla fiera delle idee

Una fiera, quindi, una grande “messe”, come accusano da sempre i detrattori del Forum Sociale Mondiale. Ma una fiera delle idee, vitale più che mai, partecipativa e soprattutto propositiva. Anche se i relatori si confrontavano in maniera tradizionale, vecchio stile, con il solo ausilio della parola, le loro idee venivano amplificate e diffuse in tutto il mondo, istantaneamente, con i nuovi mezzi di comunicazione, da Skype ai social media. Insieme, sono state approvate mozioni su temi importanti come la lotta contro il debito, il controllo giuridico delle multinazionali, l’accesso all’acqua e alla terra come beni comuni. E, soprattutto, sono state approvate azioni concrete, come la mobilitazione in vista di COP21, la conferenza delle Nazioni Unite sul cambiamento climatico che si terrà a Parigi a fine novembre.

Un altro esempio concreto ci riguarda da vicino. E-changer/ Comundo (l’associazione che con Alliance Sud ha coordinato la delegazione elvetica a Tunisi) ha annunciato al Forum Parlamentare Mondiale l’iniziativa popolare “Multinazionali responsabili”, che sarà lanciata ufficialmente in Svizzera in aprile. L’iniziativa chiede di creare le basi legali affinché le imprese con sede nel nostro paese siano obbligate a rispettare i diritti umani e l’ambiente, ovunque nel mondo. I politici presenti al Forum si sono impegnati a sottoporre la stessa tematica nei rispettivi paesi, perché ovunque ci si confronta con le stesse multinazionali che sfruttano i lavoratori e la natura.

Evitare la fine del Titanic

Il pianeta è uno solo, non ha più senso parlare di Sud e Nord. La maggior parte delle persone in condizioni di povertà, quasi un miliardo, vive proprio nei paesi a reddito intermedio: c’è quindi un Sud dentro ogni Nord. Siamo tutti sulla stessa barca, pericolosamente pronta a inabissarsi, ha spiegato lo storico e attivista Richard Greeman. «Al timone ci sono 400 miliardari che posseggono il 99% delle ricchezze mondiali. Il resto dell’umanità sta nei diversi ponti, giù giù fino alla stiva. Chi sta sul ponte di comando ci tiene divisi, per paese, per religione, e inventa sempre nuovi modi per farci combattere tra noi, allo scopo di indebolirci. Eppure siamo la maggioranza, basterebbe sollevarci tutti insieme e riprendere il controllo prima che sia troppo tardi». Come possiamo farlo? Attraverso la solidarietà, acquisendo una coscienza planetaria, risponde Greeman. «Per la prima volta abbiamo un posto dove affermarci e incontrarci: è internet. Creata dai militari, la rete è la nostra arma! Dobbiamo ora studiare una strategia comune, trovare nuove forme di lotta e soprattutto coinvolgere le donne, che nella maggior parte dei paesi lavorano e nutrono il mondo».

Verso una cittadinanza globale

Le oltre quattromila organizzazioni intervenute concordano che è necessario più che mai parlare di “cittadinanza globale”, cioè di una responsabilità condivisa da tutti gli abitanti del pianeta. Non si può più operare a livello di paesi, ma insieme, su temi come il riscaldamento climatico, le multinazionali, le miniere o l’acqua, che ci riguardano tutti/e. Insomma, il Forum Sociale Mondiale è più vivo che mai. Tanto che le diverse organizzazioni altermondialiste stanno già pensando al prossimo incontro, che si terrà nell’agosto 2016 a Montréal, in Canada, proprio perché non ha senso ragionare in termini di Nord e Sud contrapposti. Segno tangibile che, anche nel mondo di internet e della comunicazione globale, il Forum Sociale Mondiale risponde al bisogno reale di incontri, dibattiti e mobilitazione che solo un grande spazio come questo può offrire.

* Giovanni Valerio è membro dell’associazione Inter-Agire/

COMUNDO e ha seguito il Forum Sociale Mondiale con la delegazione svizzera.

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