In ventimila a chiedere la parità salariale

Si continua malgrado gli affronti

Ero a Berna il 22 settembre scorso a manifestare con syndicom. Come possiamo far evolvere questo movimento, dato che il Parlamento ha limitato ancora i controlli nelle aziende e non prevede sanzioni in caso di illegalità salariali? Sciopereremo l’anno prossimo? 

Insieme a 400-500 colleghi e colleghe di syndicom abbiamo dato un forte segnale alla politica e all’economia manifestando per la parità salariale #ENOUGH18: il 22 settembre in Piazza federale 20mila uomini e donne hanno rivendicato la parità salariale tra i sessi. La coloratissima manifestazione ha avuto un gran successo. E ha dimostrato che l’argomento rappresenta una rivendicazione centrale anche per syndicom. È uno scandalo che le donne perdano ogni anno circa 10 miliardi di franchi, nonostante un articolo nella Costituzione federale da 37 anni sancisca la parità salariale. Questo denaro non manca solo nel portafoglio delle donne, ma anche alle loro famiglie e affetti. E manca anche alla previdenza vecchiaia delle donne e infine allo Stato sotto forma di introiti fiscali. Vanno finalmente introdotti controlli salariali obbligatori!

Il Consiglio nazionale annacqua misure già minime

Ma il Parlamento affossa questi progetti. All’inizio il Consiglio federale voleva introdurre delle verifiche salariali obbligatorie per tutte le aziende con 50 e più dipendenti e il progetto prevedeva anche la possibilità di emettere delle sanzioni. Il Consiglio degli Stati ha indebolito per primo queste misure volendo far controllare solo le aziende da 100 dipendenti in su, il che comprende circa il 45% dei lavoratori – dunque nemmeno la metà! E sono sparite anche le sanzioni.

Il Consiglio nazionale – ovvero la sua maggioranza conservatrice – il 25 settembre ha ancor più diluito queste misure già minime! Ora i controlli salariali dovrebbero essere effettuati solo presso le aziende con oltre 100 impieghi a tempo pieno (esclusi gli apprendisti). Dunque il numero delle ditte che dovrà sottoporsi a una verifica sugli stipendi è stato ridotto parecchio ancora. E siccome il lavoro a tempo parziale viene svolto più dalle donne che dagli uomini, molte ditte con un’alta quota femminile sfuggono all’obbligo di analisi. Inoltre, i controlli varranno solo per una durata di 12 anni. Il risultato del Consiglio nazionale si riassume in poche parole: è una totale presa in giro! Chiediamo una correzione durante la sessione invernale quando Consiglio degli Stati e Consiglio nazionale effettueranno degli aggiustamenti.

Verso un secondo sciopero delle donne

Negli ultimi mesi tante donne si sono incontrate a Losanna, Berna e Zurigo per tenere delle assemblee aperte, le cosiddette assise, e scambiarsi sulla possibilità di un secondo sciopero delle donne in Svizzera. Lo sciopero nazionale delle donne del 14 giugno 1991 mobilitò mezzo milione di donne e chiedeva una reale messa in pratica della parità dieci anni dopo la sua introduzione nella Costituzione federale. A queste assise è stato deciso di attuare un secondo sciopero delle donne il 14 giugno 2019. L’indignazione sui risultati minimi raggiunti in Parlamento è stata la goccia che ha fatto traboccare il vaso. Adesso il congresso USS si esprimerà sulle proposte relative all’organizzazione dello sciopero delle donne 2019.

Un manifesto comune è l’obiettivo dei gruppi regionali che affronteranno i preparativi dello sciopero delle donne. Questo abbraccerà la discriminazione delle donne in vari ambiti. Accanto alla parità salariale infatti si tematizzano anche la conciliabilità tra lavoro e famiglia e il lavoro a tempo parziale. Argomenti importanti anche per syndicom. Spesso alle donne come agli uomini vengono rifiutate le domande di ridurre la percentuale lavorativa, tempo in più che invece investirebbero nella famiglia e nell’accudimento dei bambini.

Dobbiamo continuare a lottare con unghie e denti e a fare pressione, come abbiamo fatto alla manifestazione. Questo argomento rimane attualissimo anche per syndicom. Perché quando è troppo, è troppo!


Patrizia Mordini, responsabile delle pari opportunità

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