Salute

Rapporti di lavoro flessibili e loro protezione

La digitalizzazione semplifica i rapporti di lavoro a tempo determinato e a progetto, per esempio tramite piattaforme. Sempre più aziende considerano i lavoratori non più come dipendenti, bensì come lavoratori autonomi. Oppure come parte di una rete sociale.

Servono condizioni quadro affidabili per regolare rapporti di lavoro incerti: in relazione ai salari (salari minimi), assicurazioni sociali o disponibilità. Anche il lavoro mobile al di fuori di un’azienda deve essere limitato nel tempo.

Lo spettro globale del crowdworking, dell’economia delle piattaforme e di altre forme di sfruttamento dell’economia digitale fa paura a molte persone. Anche gli standard minimi sul piano del diritto del lavoro rischiano di sgretolarsi. La digitalizzazione permette sì alle aziende di ridurre i costi, ma rischia anche di nuocere alla loro reputazione.

Le violazioni contro i diritti umani o lo sfruttamento della manodopera si diffondono in Internet a ritmi vertiginosi in tutto il pianeta. Le aziende attive a livello mondiale vengono spinte a introdurre e implementare direttive etiche (Corporate Social Responsibility) al fine di non essere pubblicamente messe alla gogna e di non perdere quindi quote di mercato.

La chiave per l’attività sindacale

La fragile reputazione delle aziende nell’opinione pubblica digitale deve essere sfruttata dai sindacati per strappare alle aziende delle concessioni vincolanti e garantire rapporti di lavoro equi. Servono urgentemente dei regolamenti per tutelare questi rapporti di lavoro. Sia nell’ambito legislativo sia nei contratti collettivi di lavoro.

«Una flessibilità priva di sicurezza farebbe sì che le persone non parteciperebbero a complessi processi di apprendimento. Una sicurezza priva di flessibilità significherebbe che non potrebbe svilupparsi un clima creativo per le innovazioni. Ecco perché servono entrambe le cose: flessibilità e sicurezza. La nostra politica in materia di contratto collettivo di lavoro si pone come obiettivo proprio questo.»

 

Giorgio Pardini, Responsabile settore ICT

 

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