Sì al pacchetto a favore dei media

Sistema dei media, ultima spiaggia?

Il 13 febbraio è l’occasione per salvare il sistema dell’informazione, in crisi economica da tempo. E sostenere così l’informazione regionale e online, fondamentali per la democrazia.


Benjamin von Wyl

Le sedi centrali dei giganti dell’editoria svizzera sono eleganti. Nella redazione della «NZZ» fanno bella mostra i ritratti di tutti i caporedattori dal 1780 in poi, tutti rigorosamente uomini. Per il «TX Group» l’architetto di grido Shigeru Ban ha realizzato una struttura a incastro sulla Werdstrasse di Zurigo utilizzando ben 2000 metri cubi di legno di abete rosso. La sede di «CH Media» nel quartiere Telli di Aarau è un po’ meno ricercata e dalla redazione i giornalisti possono vedere la tipografia. Ma la vetrata attraverso cui lo fanno è qualcosa di sbalorditivo.

Chi si confronta con lo sviluppo nei media, non vede particolarmente di buon occhio gruppi come questi: Peter Wanner, editore di «CH Media», sta costruendo dagli Anni Novanta un impero mediatico composto da stampa, radio e TV locale che oggi va da Basilea a San Gallo. Sette anni fa la «NZZ» ha chiuso la sua tipografia lasciando a casa ben 125 lavoratori. «TX Group» domina i media nella Svizzera romanda, riducendo così la pluralità dell’informazione. Ha addirittura esternalizzato in Serbia parti del suo dipartimento Risorse umane e Information Technology. Le sedi centrali dei grandi gruppi editoriali non danno l’impressione che il giornalismo abbia bisogno di sovvenzioni pubbliche. Ma l’impressione inganna.

Il sistema dei media al collasso

Il sistema mediatico svizzero è seriamente in pericolo. Annunci e abbonamenti hanno finanziato con successo la stampa nel XX secolo, ma questo modello non funziona più. Solo a partire dal 2003 sono scomparse oppure sono state fuse più di 70 testate. Negli ultimi dieci anni il mercato dei giornali a pagamento è stato completamente annientato. Dal 2012 la loro tiratura in Svizzera è crollata di un buon 40 per cento. Di dieci giornali che attendevano i lettori nei vari bar durante le pause mattutine, oggi ne restano ancora sei. Delle dieci testate che giorno dopo giorno venivano deposte nelle cassette delle lettere, oggi ne rimangono sei. Senza il sostegno pubblico l’intero sistema mediatico probabilmente collasserebbe. L’ondata di notizie online da tutto il mondo non fa solo sì che Facebook e Google la facciano da padrone e dominino il mercato pubblicitario. A causa di questa ondata di contenuti gratuiti, molti spesso non si ha la sensazione che il giornalismo stia via via scomparendo. Ma né gli influencer dei social media né le redattrici e i redattori di Buzzfeed riporteranno notizie regionali analogamente a quanto hanno fatto e fanno tuttora i giornalisti locali.

Le misure in favore dei media (e non solo)

Il pacchetto di misure per i media è un compromesso, frutto di anni di dibattiti, che hanno consentito di tenere conto di molte richieste di piccoli media regionali. Pertanto, le giornaliste e i giornalisti di testate locali e di nuovi progetti online sono tra i più accaniti sostenitori della proposta su cui saremo chiamati a votare il 13 febbraio. Sebbene vengano sovvenzionati anche gruppi editoriali come «TX Group». Il pacchetto di misure per la promozione dei media consiste in 120 milioni di franchi in più che vanno a beneficio del settore dei media. Il pacchetto è articolato: gli sconti della Posta per il recapito delle riviste passano da 30 milioni a 50 milioni di franchi all’anno. Questa cosiddetta «promozione indiretta della stampa» esiste sin dalla fondazione dello Stato federale ed era stata introdotta nel 1849 contemporaneamente alla creazione della Posta federale. Anche le riviste associative, come «syndicom rivista», godono già di questo tipo di sconti per il recapito – e anche in questo comparto è previsto un aumento da 20 a 30 milioni di franchi all’anno. In futuro il recapito di giornali mattutino e domenicale da parte di privati dovrà essere sostenuto con sconti pari a 40 milioni all’anno. Un modello veramente innovativo nel pacchetto di misure è che a ricevere fondi pubblici saranno anche i media online che percepiscono entrate attraverso le quote associative o gli abbonamenti – per complessivamente 30 milioni di franchi all’anno. Questi aiuti sono limitati a sette anni. In caso di una maggioranza di «sì» il 13 febbraio, le radio locali e le televisioni regionali otterranno senza limite e in proporzione più denaro di quello del canone radiotelevisivo riscosso da Serafe. La formazione (vedi articolo a pagina 13), il giornalismo di agenzia (vedi pagina 14) e il Consiglio di stampa saranno ufficialmente sovvenzionati dalla stessa cassa.

 

I vantaggi per i lavoratori, non soltanto giornalisti

«Gli aspetti positivi sono prevalenti», afferma Stephanie Vonarburg, vicepresidente e responsabile del settore Media presso syndicom. Ma cita anche aspetti negativi: «Come sindacato ci manca l’obbligo di negoziazione di un Contratto collettivo nel settore dei media». Il Parlamento non ne voleva sapere. Inoltre, una nota dolente è che non sia previsto alcun tetto massimo e alcuna limitazione dei dividendi per le aziende che ottengono sconti o sovvenzioni. «I grandi gruppi editoriali in salute, che in realtà necessiterebbero di meno, beneficeranno anch’essi di questa proposta», afferma Vonarburg. Tuttavia, anche lì viene fatto un importante e valido giornalismo e inoltre i media medi e piccoli vengono supportati in maniera proporzionalmente maggiore – e questo in modo massiccio: per ogni abbonato un piccolo media riceve fondi fino a venti volte in più rispetto ai grandi gruppi editoriali.

Il pacchetto di misure prevede inoltre l’obbligo di negoziazione di un CCL per aziende di recapito di giornali private (ne parliamo a pagina 20). Dal punto di vista del sindacato si tratta di una bella notizia, sostiene Vonarburg: «Date le dure condizioni di lavoro nel settore della logistica questo è un punto importante.» In questo settore i salari sono bassi e i tassi di attività spesso ridotti. Il settore dei media nel suo insieme beneficerà anche del supporto del Consiglio di stampa, della formazione e del perfezionamento, nonché del maggior sostegno per Keystone-ATS. «Ma al primo posto dei punti positivi c’è certamente la nuova promozione dei media online», afferma Vonarburg. Si tratta di uno strumento veramente innovativo – un mezzo per il «ripristino del pluralismo mediatico».

La promozione dei media online

Molte delle misure mirano a evitare il collasso del sistema mediatico svizzero. La promozione dei media online è lungimirante: siccome i media locali, contrariamente ai colossi tech internazionali come Facebook e Google, non possono attendersi grandi entrate pubblicitarie, devono essere supportati e stabilizzati al fine di poter fornire un servizio pubblico. In tutto il paese negli ultimi cinque anni sono nate delle piattaforme digitali per il giornalismo: da Zurigo e Ginevra «Republik» e «Heidi News» presentano dettagliati retroscena su quanto avviene a livello nazionale. Con la piattaforma satirica «Petarde» e la rivista culturale «Frida» presto decolleranno ulteriori media online. Ma lontano da questi fiori all’occhiello con diffusione a livello nazionale, nelle regioni nascono piattaforme locali indipendenti: «Zentralplus» riporta notizie da Lucerna e Zugo, «Bajour» da Basilea-Città, «Kolt» da Olten. La maggior parte di questi nuovi progetti non scrivono più in merito a ogni singola assemblea associativa, preferiscono prendersi la ciliegina sulla torta: vogliono subentrare laddove le sfoltite redazioni locali delle grandi testate non hanno tempo per la ricerca.

Anche il progetto «Hauptstadt» rientra in questa categoria. Lo scorso anno «TX Group» ha fuso le redazioni locali di «Bund» e «Berner Zeitung» in un’unica redazione – sebbene le testate giornalistiche vengano portate avanti come contenitori, molti a Berna temono che la mancanza di concorrenza porti a una perdita di dibattito e che anche i giornalisti restanti abbiano una visione meno critica. Un team di giornaliste e giornalisti sta lavorando a un’alternativa: a partire dalla prossima primavera, «Hauptstadt» riporterà notizie da Berna e dai comuni limitrofi. 3308 persone hanno talmente tanta fiducia nel progetto che hanno acquistato un abbonamento già prima del lancio. Per essere autosufficiente, questo nuovo media locale necessita di almeno 4 mila abbonamenti.

«Per prudenza facciamo i calcoli senza contare sulla promozione dei media online», afferma Jürg Steiner del team di «Hauptstadt». «Ovviamente ne saremmo felici». «Hauptstadt» prevede cinque posti a tempo pieno. «Se la legge passa, potremmo assumere due giornaliste o giornalisti in più», afferma Steiner. «Questo ci darebbe naturalmente più forza sin dall’inizio». Persino a Berna il pluralismo mediatico è compromesso, anche se lì c’è pur sempre del potenziale per un piccolo media come «Hauptstadt» – diversamente da quanto avviene nelle zone rurali e nelle piccole città. «I piccoli centri hanno un compito arduo», afferma, «a Langenthal risulta difficile creare un’alternativa, come stiamo provando a fare a Berna».

 

Agire a livello locale

Steiner, che ha lavorato molti anni per la «Berner Zeitung», è convinto che «l’impoverimento mediatico a livello locale» si ripercuota sul dibattito sociale. «In Svizzera dove moltissime cose vengono decise a livello comunale, serve assolutamente un pluralismo mediatico a livello locale».

Secondo Steiner, il pacchetto di misure per la promozione dei media porrebbe fine anche a una discriminazione del giornalismo online rispetto alla carta stampata. Poiché oggi online non c’è alcun tipo di supporto per l’attività, come lo sono gli sconti per il recapito dei giornali. Il pacchetto di misure per la promozione dei media non ripristinerebbe però automaticamente la pluralità dell’informazione. I progetti locali online continuerebbero a necessitare di gente del posto e di una propria base di fatturato, afferma Steiner: «La promozione dei media online non è un’offerta per chi è a caccia di sovvenzioni. Non è possibile fondare un media da qualche parte e farlo finanziare dallo Stato». La promozione renderebbe solamente «un po’ più probabile» la continuità nella lotta per la sopravvivenza. Per «Hauptstadt» non sarà certamente facile – indipendentemente dal fatto che il pacchetto di misure per i media venga approvato o meno.

Il rischio che siano ricchi privati a finanziare

Anche Steiner vede la proposta di votazione come un compromesso. In un mondo ideale i media riuscirebbero ad autofinanziarsi con il giornalismo. «Naturalmente l’ideale sarebbe se tutto questo non servisse. Ma i media si trovano in difficoltà». Come giornalista, Steiner desidererebbe non accettare alcun sostegno da parte dello Stato. «Ma le sovvenzioni non sono legate ai contenuti. Le ricevono anche i media contrari al governo». Inoltre, la provenienza dei «fondi dello Stato» è pur sempre trasparente. «Altrimenti ci sono mandanti sconosciuti che iniettano denaro». I giornali gratuiti rilevati da Christoph Blocher, dal «Bodensee Nachrichten» al «Tagblatt der Stadt Zürich», raggiungono nella Svizzera tedesca ben 918 mila lettrici e lettori. «Se la proposta non passa, l’offerta mediatica sarà compromessa. Una nuova proposta necessiterebbe di molti anni – troppo tempo per molti media», conclude Stephanie Vonarburg.
 

Questo articolo apparirà nella rivista syndicom n. 27 il 31 gennaio 2022

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